CAPITOLO 120. Così siamo pari.

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J: Vieni con me. - Mi sussurrò dolcemente ad un orecchio. Afferrai saldamente la sua mano, e lui afferrò saldamente la mia. Uscimmo da quella stanza, lentamente, cercando di non procurare rumore. Salimmo velocemente in camera, indossando un paio di pantofole e poi via, di nuovo al piano di sotto. Non sapevo dove voleva portarmi, ma non mi importava: lo avrei seguito anche in capo al mondo.

Uscimmo dalla grande veranda di quella casa, trovandoci sul giardino bagnato dalla rugiada. Il vento soffiava piano quella mattina, e un brivido attraversò la mia schiena mentre mi soffermai ad osservare le folte chiome degli alberi muoversi a ritmo del battito del mio cuore. Lui continuava a camminare, a farmi camminare dato che ero eccessivamente troppo sopra pensiero in quel momento. Quando si fermò, tornai in me. Un'immensa raduna si presentò davanti ai miei occhi, lasciandomi senza parole perché, in quell'attimo preciso, il sole iniziò a scorgersi dietro ad un colle poco più distante da noi. Justin era al mio fianco, mi stringeva forte la mano mentre entrambi non riuscivamo a staccare gli occhi da quello spettacolo mozza fiato. Pensai stupidamente che avrei potuto volentieri svegliarmi ogni mattina alle quattro solo per vedere la meraviglia che si presentava ai miei occhi - Ti piace? - Chiese il biondo al mio fianco. Annuì e basta, troppo presa ad osservare il sole eregersi alto nel cielo, troppo presa ad osservare i suoi raggi espandersi verso l'infinito, troppo presa ad ammirare il cielo assumere tutte le migliori tonalità del mondo. Sospirai, e sorrisi. Sorrisi e mi voltai verso Justin. Lui mi guardava con occhi pieni di amore, con uno sguardo dolce e rassicurante allo stesso tempo. Stavo bene. Finalmente, dopo tanto tempo, potevo dire che in quel momento stavo da Dio e che niente avrebbe potuto rovinare quella scena da film - Sei più bella di lui, lo sai? - Disse indicando il sole. Con le gote a fuoco, il cuore a mille e gli occhi stanchi ma perfettamente aperti, lo abbracciai. Il ritmo del suo cuore mi cullava, mi cullava in un mondo lontano, in un mondo diverso dal solito, in un mondo dove facevamo parte solo io e lui. Ed era bellissimo, era maledettamente bellissimo. Lui era la parte migliore di me, sotto molti, forse troppi aspetti. Ma mi andava bene, mi bastava per il resto della vita - Qual'è il tuo sogno, Amb? - Sussurrò con voce calma. Aprì gli occhi, soffermandomi a pensare. Il mio sogno? Corrugai la fronte, improvvisamente, accorgendomi che... io un sogno non lo avevo. Lo guardai sperduta, cercando conforto attraverso i suoi occhi color ambra ma mi bastò fissare le sue labbra per capire che il mio sogno era sempre stato difronte a me, in ogni istante. Era lui, e un suo bacio.

Io: Un bacio. - Dissi sorridendo.

J: Un bacio? - Chiese quasi sorpreso dalla semplicità della mia risposta.

Io: Un bacio, ma non un bacio qualsiasi.

J: Ah si? - Annuì.

Io: Un bacio sotto la pioggia è il mio sogno. - Lui sorrise, facendo galoppare all'impazzata il mio cuore - E il tuo? - Mi azzardai a chiedere.

J: Mi pare ovvio. - Sorrise ancora di più - Che inizi a piovere. - Risi, e lui mi accompagnò. Io lo amavo, lo amavo da morire, ma amavo proprio tutto di lui. E quando si fece serio, il suo sguardo indagatore e la sua lingua che solcava lentamente il suo labbro inferiore... causarono strane ma familiari sensazioni in me - Ma non penso di aver bisogno della pioggia per rubarti un bacio, giusto? - Il cuore martellava nel petto, e lui si faceva sempre più vicino al mio viso. Ed era il tempo che mancava a me, il tempo di parlare, fermarlo o fare qualsiasi altra cosa. Perché, come sempre, riuscì a precedermi. Si, precedermi... ma baciandomi. E il fiato mi mancò all'istante, senza preavviso. Mi strinse con tutta la forza possibile che aveva in corpo, con tutta la necessità, il bisogno e anche con un pizzico di paura, mio malgrado. Paura di tutto, di ogni cosa.

Paura di un domani.

Paura che quel domani non ci fosse mai stato.

Paura di un addio.

Our love suicideWhere stories live. Discover now