CAPITOLO 96. Vieni qui Amber.

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Erano le sette in punto quando sentì la porta di casa chiudersi violentemente. Rimasi seduta sul grande letto di Justin, torturando le mie mani per il nervoso. Dov'era stato in tutto questo tempo? Che aveva fatto in tutto questo tempo? Non poteva mandarmi un semplice messaggio? Sospirai, abbassando il capo. Sentì dei passi pesanti avvicinarsi e il mio cuore galoppò nel petto. La porta della stanza si aprì di colpo e sobbalzai in piedi al rumore che provocò. Un Justin stanco, arrabbiato e ubriaco si presentava davanti ai miei occhi. I nostri sguardi si incontrarono e un brivido mi invase la schiena. Mi guardava immobile, spento, freddo, cupo. I suoi occhi erano come ghiaccio in quel momento, spenti e maledettamente morti. Non trasmettevano un cazzo. I capelli arruffati lo rendevano bello, talmente tanto da togliere il fiato. Le labbra inumidite dalla lingua erano come una calamita. Avanzò di un passo, indietreggiai di un passo. Barcollando si sedette sul letto, distante da me. Una tremenda tensione iniziò a dominare l'aria. Continuavo ad osservarlo, ferma al mio solito posto. Si tolse il giacchetto buttandolo a terra, seguito dalle scarpe e dalla maglietta. Si distese sul letto, sospirando pesantemente. Chiuse gli occhi e si rilassò. Notai il suo diaframma alzarsi e abbassarsi ripetutamente. Avrei tanto voluto avvicinarmi e baciarlo fino allo sfinimento più totale, ma qualcosa mi bloccava.

J: Vieni qui. - Disse a bassa voce. Non mi mossi dalla mia posizione, ma continuai solo a guardarlo - Amber, ho detto vieni qui. - Aprì di colpo gli occhi, osservandomi. Abbassai il capo imbarazzata, torturando per l'ennesima volta le mie mani - Amber... voglio che ti avvicini. - Disse serio.
Io: Io non voglio. - Risposi in un sussurro.
J: Non vuoi? - Disse confuso. Annuì - Mica ti mangio. - Rise divertito. Era pazzo, del tutto pazzo. Lo guardai per interminabili secondi mentre lui non ne voleva proprio sapere di smetterla di ridere. La conversazione che avevo avuto oggi con Corinne mi aveva del tutto lasciata senza parole quindi continuai solo a guardarlo male.
Io: Ma cosa cazzo ridi, eh? - Dissi avvicinandomi - Smettila, idiota! - Lo spintonai, aumentando solo il suo divertimento - Fanculo Bieber. - Me ne andai, sbattendo violentemente la porta della sua stanza. Uscì di casa e raggiunsi la piscina. Mi sedetti sul bordo, toccando con le dita la superficie dell'acqua. Odiavo quanto si comportava così. Idiota, coglione, imbecille, senza cervello di un Bieber. Sbuffai infastidita quando lo sentì chiamare il mio nome.
J: Stavo scherzando Amber, torna dentro avanti! - Urlò dal balcone della sua stanza che si affacciava sulla piscina. Non gli risposi, sapevo che non era serio. E ne ebbi la conferma quando continuò ridendo. Mi alzai dal mio posto, entrai in casa e afferrai la borsa. Corinne era seduta sul divano che guardava la TV.
C: Te ne vai? - Mi chiese osservandomi.
Io: Già, voglio tornare a casa.
C: Problemi con Justin? - Disse sorridendo.
Io: Non perdo tempo con i bambini come lui.
J: Io non sono un bambino! - Disse spuntando improvvisamente in salone. Mi voltai verso di lui, osservandolo seria.
Io: Io direi di si, e si nota anche molto bene. - Mi incamminai verso la porta.
J: Dove credi di andare? - Domandò seguendomi.
Io: A casa mia. - Accentuai l'aggettivo possessivo.
J: Questa è casa tua, Amber!
Io: Sei ubriaco e stai delirando. - Risposi ancora più seria. La sua forte stretta afferrò il mio polso e mi strattonò, violentemente, verso di lui. Il mio viso era ad un centimetro dal suo e, quando parlò, il suo alito mi invase le narici.
J: Tu non vai proprio da nessuna parte. - Cercai di liberarmi dalla sua presa e lo spintonai.
Io: Lasciami andare, Justin!
J: No! - Urlò. Sgranai gli occhi notando la sua stretta aumentare sempre di più sul mio polso.
Io: Mi stai facendo male! - Mugulai.
J: Tu resti qui, che la cosa ti piaccia o no.
Io: Cristo Santo Justin, lasciami! - Cercai in tutti i modi possibili di dimenarmi dalla sua presa ma ogni mio sforzo era inutile. Mi fece indietreggiare e urtai la schiena contro la parete - Porca troia... - Sussurrai.
J: Tu non ti muoverai da qui.
Io: Non puoi obbligarmi a restare. Voglio andarmene! - I suoi occhi cupi e spenti mi mettevano i brividi, così fui costretta ad abbassare lo sguardo.
J: Vuoi andartene? Oh ma davvero? E poi cosa farai, eh? Cosa farai se Patrick ti troverà? - Riflettei improvvisamente sulle sue parole e mi accorsi che aveva ragione. Sospirai.
C: Justin, lasciala andare. Non vedi che le stai facendo male? - Si intromise di colpo Corinne, cosa che mi fece alquanto strano da notare.
J: Tu non immischiarti, chiaro? - Sbraitò come un cane - Non centri un cazzo tra me e lei. Non centri un cazzo qui dentro. E a me non frega un cazzo di te. - Deglutì al suono di quelle parole. Notai Corinne abbassare il capo, ferita e umiliata. Quello che feci qualche secondo dopo non era assolutamente da me. Quello che feci qualche secondo dopo era una cosa impensabile. Quello che feci qualche secondo dopo era una cosa che non avevo mai creduto di fare fino a quel momento. Mi liberai dalla sua presa, con molta fatica. Lo spintonai violentemente e la mia mano destra colpì perfettamente la sua guancia. Rimase con il volto girato, e strinse i pugni. Respirai affannosamente, piena di rabbia.
Io: Non provare mai più a parlare in questo modo. Non ti azzardare mai più a trattarla in questo modo, chiaro? - Entrambi mi guardarono stupiti - Sta solo cercando di adattarsi e dovresti saperlo meglio di me. Sei un idiota, Justin. - Dopo di che me ne andai via, sbattendo violentemente la porta di casa sua.
IL GIORNO DOPO
Camminavo a testa bassa per i corridoi della scuola, raggiungendo il mio armadietto. La conversazione tra me e Justin si era chiusa in quel modo ieri sera. Sospirai, poggiando la fronte contro l'armadietto.
Josh: Ehi ehi ehi! - Disse abbracciandomi - Cos'è questo faccino triste?
Io: Niente, non ho niente. - Gli risposi inserendo la combinazione del mio armadietto. La serratura scattò permettendo ai miei occhi di osservare una sfilza infinita di libri. Che materia avevo in prima ora?
Josh: Avanti Amber, cosa c'è? - Biologia o chimica? - Amber?! - Mi richiamò divertito - Problemi con il biondo? - O forse algebra? - Ok, non vuoi parlarmi, ma ti obbligherò a farlo.
Io: Non ci riuscirai mai perché non ho, semplicemente, nulla da dirti.
Josh: E io non ti credo! -Disse canticchiando allegramente. Lo osservai per qualche secondo, beccandolo a dondolarsi sui talloni. Era un vizio, ormai, da quando aveva 14 anni.
Io: Ok. - Sorrise fermandosi - Da dove posso cominciare? - Dissi grattandomi il collo nervosamente.
Josh: Perché non incominci con il dirmi che ci fa Corinne a casa del TUO ragazzo?! Mmh? - Sussurrò evitando di attirare l'attenzione di occhi indiscreti. Ok, ero spacciata. Avrei dovuto dirgli ogni cosa ora.

Josh: Hai difeso Corinne? Tu hai difeso Corinne Sullivan? - Disse alzando il tono della voce. Era stupito e basito da quello che gli avevo detto.
Io: Idiota! - Dissi colpendogli il braccio con un pugno - Non urlare! - Mi guardai intorno, mentre il via vai dei corridoi iniziava a diminuire.
Josh: Wooow! Questa si che è una notizia bomba, gente!
Io: Ti prego di smetterla Parker, odio attirare l'attenzione quindi finiscila di parlare. - Lo rimproverai.
Josh: Posso dirlo? - Alzai un sopracciglio, guardandolo male.
Io: Cosa?
Josh: Bhè, quello che mi hai detto: che hai difeso Corinne a causa del comportamento poco corretto di Justin perché era rientrato ubria... - Gli tappai la bocca con una mano, fulminandolo con lo sguardo. La sua schiena urtò contro l'armadietto accanto al mio. Piccolo dettaglio: ovviamente avevo tralasciato l'argomento "Patrick." Non doveva sapere nulla di tutto questo.
Io: Quante volte ti ho detto di non urlare, Dio santo? - Mugulò qualcosa contro la mia mano. Lo lasciai andare.
Josh: Scusa. - Ripeté respirando - Nemmeno a Taylor? - Disse sussurrando contro il mio orecchio. Annuì cedendo. Mi stampò un bacio sulla guancia e poi scomparve verso le scale che conducevano al piano superiore. Mi guardai intorno mentre l'orologio segnava le otto e dieci in punto. Mi incamminai verso l'aula di biologia, accomodandomi in un banco piuttosto isolato. Tutto volevo tranne ascoltare la lezione. O forse vedere Justin varcare la porta della mia stessa classe. Indossava una maglietta gialla, pantaloni neri, giacchetto del medesimo colore e un paio di supra gialle. Davvero un gran fico. Stavo delirando, ed era chiaro. Il suo sguardo si incrociò con il mio. Restammo così per quanto tempo? Secondi? Minuti? Ore? Eternità? So solo che poco dopo fui costretta ad abbassare il capo, imbarazzata. Così iniziai a scarabocchiare sul banco, nella speranza di non ritrovarmelo vicino.
J: è libero? - Disse riferendosi al posto vuoto accanto al mio. Detto.fatto.
Io: No. - Risposi a testa bassa, sfogliando un libro.
J: E perché? - Calma i nervi Amber, calma i tuoi dannati nervi.
Io: Sei per caso cieco? - Dissi guardandolo negli occhi - Non vedi che c'è il mio zaino? - Sorrise divertito, distogliendo lo sguardo dal mio. Cristo santo, amavo quando lo faceva. Mi morsi il labbro inferiore, osservando quanto fosse perfetto. Diventò improvvisamente serio e afferrò il mio zaino lanciandolo a terra.
Io: Sei per caso impazzito? - Gli domandai sorpresa. Si sedette al mio fianco, sorridendo.
J: Buongiorno anche a te, piccola. - Quello che fece poco dopo mi fece avvampare come non mai. Perché mi baciò nel bel mezzo della classe. Il mio viso era stretto tra le sue mani e la sua lingua penetrò nella mia bocca. Rimasi con gli occhi aperti, senza riuscire a reagire. E ricambiai il bacio. Le sue labbra si muovevano a ritmo con le mie. Le sue dita accarezzavano le mie guance e arrossì di colpo. Aprì lentamente gli occhi, staccandosi con la stessa lentezza dalle mie labbra - Amo baciarti. - Confessò. Distolsi lo sguardo dal suo, notando l'arrivo della professoressa. Si sedette composto al suo posto, sorridendo alla mia reazione. Odiavo imbarazzare. Odiavo il suo sorrisetto divertito. E odiavo lui quando mi provocava in queste circostanze.
La lezione iniziò dopo circa dieci minuti. Non riuscivo a stare attenta, non riuscivo a concentrarmi con lui accanto. La sua mano accarezzava lentamente la mia coscia al di sotto del tavolo e mi irrigidì di colpo. Lo guardai con la coda nell'occhio, aveva sempre quel dannato sorriso stampato in faccia. Alzai la gamba e, di colpo, la sua mano si scontrò con il retro del tavolo provocando un rumore forte e deciso. Strinse la bocca in una linea dura mentre io me la ridevo in silenzio .
J: Bastarda... - Sussurrò dolorante. La voce della professoressa mi fece improvvisamente tornare seria. Oh merda, qui si mette male.


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