CAPITOLO 55. Non farne parola con nessuno.

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Volere o no il risveglio arriva sempre e non è mai una bella cosa. Assonnata, stordita, affamata e con un gran mal di testa cercai invano di aprire gli occhi a causa della luce decisamente accecante provenire dalla finestra. Un dolore acuto dietro il collo continuava a darmi alla testa. Lo massaggiai lentamente, sbadigliando. Cercai di fare mente locale prima di aprire gli occhi, cercando di capire il perché la sveglia non fosse ancora suonata. Aprì di soppiatto gli occhi ma li richiusi velocemente mentre un accecate luce copriva la mia visuale. Tastai il letto con le mani, in cerca di non so cosa. Ma quando mi accorsi che sul materasso c'erano adagiati due cuscini, fui costretta ad aprire gli occhi. Osservai il soffitto bianco sopra di me, mentre il mio sguardo si abituava a quella luce. Ma una cosa non quadrava affatto: io non avevo mai posseduto un divano nella mia stanza, tantomeno una gigantesca tv a non so quanti pollici. Per non parlare della cabina armadio. Senza tralasciare il grande letto matrimoniale su cui ero sdraiata. Osservai la finestra, io non avevo affatto delle tende bianche, ma lilla. Corrugai la fronte, massaggiandomi le tempie. Dannato mal di testa. Ma una cosa, in particolare, attirò la mia attenzione. Cosa cazzo era quel poster di una coniglietta della play-boy attaccato alla parete? Oh mio Dio, ero diventata lesbica in una sola notte? Disapprovai con la testa a quell'assurdo pensiero. Questa non era affatto la mia stanza e ne ebbi la piena conferma quando un piumone rosso ricopriva il mio corpo. E io odiavo il rosso. Cosa cazzo stava succedendo? Tutti quei particolari ricreavano un ambiente a me conosciuto, fin troppo.
Io: Justin... - Mugolai ancora assonnata. Quella era la camera di Justin: il suo letto, i suoi oggetti, la sua scrivania. Ma di lui, neanche l'ombra. Mi sforzai il più possibile di capire come ci fossi arrivata in camera sua ma non c'era niente che riusciva ad aiutarmi. Se non il sapore dell'alcool ancora permanente della mia bocca e capì di aver preso una pesante sbronza la sera prima. Solo quando mi chinai verso il comodino per afferrare il cellulare vidi i miei vestiti dove non dovevano essere: sul pavimento. Sgranai gli occhi all'immagine del mio vestito gettato a terra, delle mie scarpe buttate una distante dall'altra e, per finire in bellezza, dei miei indumenti intimi gettati ai piedi del letto. La paura si impadronì del mio corpo, seguita dall'ansia e dall'agitazione. Il respiro venne a mancarmi e persi la capacità di parlare per qualche lungo attimo. E gli occhi... mi si riempirono di lacrime alla vista del mio corpo nudo e sudato al di sotto delle lenzuola.
J: Cosa ricordi? - La sua voce mi arrivò dritta alla testa, stordendomi, cullandomi. Un groppo alla gola mi si formò quando percepì la sua mano avvicinarsi alla mia al di sotto del lenzuolo. Non poteva essere vero, io non potevo aver perso il controllo fino a quel punto. Non potevo davvero aver...
J: Amber? - Mi chiamò, e fui costretta a voltarmi verso di lui. Il suo sguardo ero dolce, comprensivo, rassicurante.
Io: C-Cos'è successo? - Domandai. Non volevo realmente una risposta a quella domanda, poiché il mio corpo nudo al di sotto delle lenzuola parlava da solo. Si avvicinò di colpo e, in breve tempo, mi ritrovai stretta tra le sue braccia.
J: Sssh, non piangere. - E solo in quel momento mi resi conto delle innumerevoli lacrime rigarmi il volto. E così continuai per vari minuti, mentre il silenzio circostante veniva interrotto solo dai miei singhiozzi incessanti. Le lacrime si ricorrevano una dietro l'altra, senza una fine, amare, fredde e dolorose.
Io: Dimmi che non è successo davvero. - La mia voce si percepiva a stento, interrotta dai troppi singhiozzi che mi scuotevano il corpo. Non mi rispose. Non negò ne confermò l'evidenza ma cercò semplicemente di consolarmi.
J: Andrà tutto bene. - Ma non era così. E lo sapevo sia io che lui. Tutta quella situazione mi sconvolse, tanto da farmi dimenticare di essere nuda al di sotto delle lenzuola... stretta contro di lui. E in quell'esatto momento mi sentì così vulnerabile da avere paura. Mi sentì sporca, marchiata, profanata, segnata a vita.
Io: F-Forse non è successo davvero, no? - Lo guardai negli occhi. Il suo sguardo non era cambiato nemmeno per un secondo, ma era rimasto intatto come poco prima.
J: Amber, ero nudo anch'io. E poi... - Il suo sguardo si posò sul comodino e in quel momento il mondo mi cadde addosso. Immobile, su quel pezzo di legno, giaceva la bustina argentata del preservativo. La bocca mi si schiuse mentre le lacrime tornarono ad impadronirsi del mio volto. Un ultimo singhiozzo fuoriuscì dalle mie labbra e iniziai a sentire un gran freddo. Avvolsi le braccia intorno al mio corpo, muovendole su e giù, emanando un po' di calore. Percepì le mani di Justin posarsi sulle mie spalle.
J: Amber, ascoltami bene: è vero, è successo quello che è successo e per quanto mi odi in questo momento io ti posso assicurare che sta notte... non è stato solo sesso. - Affermò guardandomi negli occhi. E le lacrime si ripresentarono per l'ennesima volta. Fanculo.
Io: I-Io... io credo di aver bisogno del bagno. - Io credo di aver bisogno di scappare, ora. Mi alzai dal letto, avvolgendo il lenzuolo intorno al mio corpo e mi incamminai a testa bassa vero il bagno. Anche se non serviva, mi aveva già vista nuda, più che bene. Mi chiusi la porta alle spalle e mi avvicinai al lavandino. Osservai la mia immagine attraverso lo specchio mentre lasciai cadere a terra il lenzuolo. Un segno grande, violaceo ed evidente faceva la sua figura sul collo. Abbassai lo sguardo, osservandone un altro sul seno destro e il segno di un morso lungo un fianco. Deglutii. Poiché non ricordassi assolutamente niente sapevo che ci era andato giù pesante la scorsa notte. Chiusi gli occhi. Niente più lacrime. Non si piange sul latte versato.

Dopo una lunga e rilassante doccia uscì dal bagno, indossando il grande accappatoio di Justin. Lo vidi ancora seduto sul letto e dedussi che non si era mosso da quella posizione da un bel po'. Alzò lo sguardo verso di me, e mi osservò a fondo. Forse fin troppo. Lo ignorai, camminando per raccogliere i miei vestiti. Ma appena mi chinai per afferrare l'intimo, un forte dolore tra le gambe mi fece gemere. Ancora indolenzita e dolorante mi inginocchiai sotto il suo sguardo vigile. Lasciai cadere l'accappatoio a terra. Non mi interessava se in quel momento mi stava osservando, lo aveva fatto più che volentieri quella notte stessa. Lo vidi distogliere lo sguardo imbarazzato, mentre indossavo l'intimo. Afferrai anche il vestito e i tacchi, rivestendomi del tutto. Uscì dalla sua stanza, senza degnarlo di un solo sguardo e percorsi in fretta le scale. Volevo andarmene da quel luogo, al più presto. Ma quando mi ritrovai davanti la porta di casa sua la sua mano afferrò il mio polso e mi strattonò verso di lui, con poca delicatezza.
Io: Lasciami! - Dissi liberandomi da quella presa - Non toccarmi mai più, lo hai già fatto abbastanza sta notte.
J: Amber, eravamo ubriachi. Entrambi. - Scandì bene l'ultima parola, guardandomi negli occhi.
Io: Non è vero. Sapevamo entrambi quello che sarebbe successo.
J: Quindi la colpa non è solo mia.
Io: è sempre colpa tua, sempre! - Dissi urlando.
J: Fino a prova contraria l'amore si fa un due! - Sta volta era lui ad urlare. Corrugai la fronte.
Io: Amore? Amore? Per te non è stato amore ma puro divertimento.
J: No, non è vero! - Disse avvicinandosi - In un momento di lucidità sapevo quello che stava accadendo. Quando mi hai baciato un ultima volta, quando ci siamo guardati negli occhi un ultima volta i-io... io ho ricollegato tutto, tutto. Non l'ho fatto per divertimento, ma perché ne sentivo il bisogno. Perché sentivo il bisogno di unirmi a te. Perché ti amavo e ti amo tutt'ora. - Disapprovai con la testa, abbassando il capo. Uscì da casa sua, scendendo i pochi grandini che mi dividevano dal grande cancello automatico.
Io: Eri ubriaco. - Dissi camminando.
J: Lo eri anche tu. - Disse urlando alle mie spalle.
Io: Non puoi dire che lo hai fatto per amore, non eri cosciente.
J: Lo ero eccome. Non ti avrei detto ti amo prima di addormentarmi. - Mi bloccai di colpo, riflettendo sulle sue parole.
Io: C-Cosa? - Mi aveva detto ti amo in un momento così?
J: Amber... - Sentì il suo respiro sul collo - Io... io l'ho fatto davvero. - Irrigidì la mascella, stringendo i pugni.
Io: Non mentire! - Dissi voltandomi verso di lui. Indietreggiò di un passo, guardandomi spaesato - Tu non sai niente di come si ama, niente.
J: Nemmeno tu.
Io: Io si invece, altrimenti non sarei qui a dirti che ti amo dopo tutto quello che è successo! - Il respiro venne a mancarmi. Notai le sue iridi dilatarsi e mi resi conto di quello che avevo appena detto.
J: T-Tu...
Io: No, non è affatto così. - Dissi imbarazzata, distogliendo lo sguardo dal suo.
J: Amber...
Io: Ho detto lascia stare! - Strinse la mascella e le labbra in una linea dura.
J: Non te ne rendi conto. Ma le cose sono cambiate, grazie a sta notte.
Io: Non è cambiato nulla, nulla.
J: Ti sbagli, ti sbagli di grosso. Non farne parola con nessuno. - E lì, in quel momento, mi feci schifo da sola per avergli permesso di mettermi le mani addosso senza pietà, senza un contegno. Sputai a terra, vicino alle sue scarpe - Ma che cazzo...?
Io: Non ne farò parola con nessuno. Non ti farò vergognare, puoi starne certo. La tua reputazione è al sicuro.
J: Molto bene. - Disse serio senza distogliere lo sguardo dal mio.
Io: Mi fai schifo. - Furono le ultime parole che pronunciai prima di lasciare quella casa per sempre. Perché non avrei mai, mai rimesso più piede in quel dannato luogo. In quello stesso luogo dove lui aveva strappato la mia verginità così, senza che me ne accorgessi, senza speranze perché ormai ero questo: una delle tante, per lui.

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