CAPITOLO 75. Tu non lo ami.

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PARTE JUSTIN
Mi imbarazzai al suono delle sue parole. Era... cosa? Provocatoria? Eccitante? Sexy? Forse tutte e tre le opzioni, ma quando iniziai a sbottonargli la cerniera del vestito mi tornò in mente quella notte, quando tutto ebbe inizio. Quella notte dove era accaduto tutto su questo stesso letto, nonostante fossimo poco lucidi. Ma ricordo ogni cosa, anche la più piccola: ricordo i suoi sospiri, i suoi ansiti, ricordo le sue mani che mi accarezzavano la schiena, i nostri infiniti baci, le mie mani che mangiavano il suo corpo, o le sue che stringevano i miei capelli. Tutto. Assolutamente tutto. E quando le sfilai il vestito tutte quelle emozioni tornarono ad affiorarmi la pelle. La guardai incantato, il suo corpo era sempre più bello. Ma strabuzzai gli occhi alla vista del suo seno privo di reggiseno. Deglutì pesantemente mentre la solita, strana sensazione mi invadeva, in basso. La vidi imbarazzarsi sotto al mio tocco, quando la mia mano le sfiorò delicatamente un fianco. Lanciai il vestito su una sedia e gli porsi la maglietta. L'afferrò, coprendosi il petto. Cercai di rimanere il più calmo possibile ma mi risultava alquanto difficile farlo con una ragazza semi nuda nel mio letto. Se poi la ragazza in questione era lei, ero totalmente spacciato.
Io: Amber, non è niente che non abbia già visto. - La rassicurai e la sistemai sul letto come se fosse qualcosa di estremamente prezioso, ma infondo lo era. Le misi lentamente la maglietta e le rimboccai le coperte. Per quella notte avrei potuto fare a meno del letto, il mio caro amico divano mi aspettava. Mi alzai e mi allontanai verso la porta. Amber mi bloccò per un polso e mi guardò intimorita.
A: Justin... - Il suo sguardo era spaventato, forse anche troppo. Dio santo piccola mia, che diamine ti ha fatto quel bastardo?
Io: Ne parliamo domani, Amber. - La rassicurai. Probabilmente voleva sapere la mia opinione sull'accaduto, ma scosse leggermente la testa.
A: Non andartene. - Chiese in una supplica. Desiderai poterla baciare fino a fargli capire che non sarebbe mai più accaduto niente di simile. Mi sdraiai al suo fianco e la strinsi a me. Da quella distanza potevo osservare i numerosi succhiotti e lividi che ricoprivano il suo collo: cominciai a percorrerli in modo delicato con il dito, Jackson era morto. Tre lividi, era spacciato. Cinque lividi, non avrebbe più rivisto la luce del sole. Amber gemette quando così preso dai miei pensieri omicidi le sfiorai un po' troppo violentemente la pelle violacea.
Io: Scusa. - Sussurrai. Feci in modo che le mie labbra racchiudessero perfettamente uno dei lividi che possedeva lungo il collo - Perdonami. - Le sussurrai contro un orecchio.
A: Per cosa? - Sussurrò a sua volta contro il mio petto.
Io: Perdonami per non essermi preso cura di te. - Alzò lo sguardo verso di me e annegai in quello splendido oceano.
A: Non l'hai mai fatto. - Disse con la voce affranta. E, in quel preciso momento, mi sentì un mostro. Avevo solo procurato odio e dolore nella sua vita, niente di buono. E mi feci schifo da solo per ogni cosa, per ogni pianto, per ogni sofferenza creata. Deglutì al suono di quelle parole. Aveva ragione, forse fin troppo. Richiuse lentamente gli occhi, per poi stringersi contro il mio petto. Ma, nonostante questo, sapevamo entrambi che il sentimento che ci univa non era mai scomparso. Nell'attimo successivo giurai a me stesso di proteggerla sempre, perché era tutto ciò di più buono, migliore e puro che possedevo nella vita.
PARTE MIA
LA MATTINA DOPO
Schiusi lentamente gli occhi e rimasi accecata dalla luce che proveniva dalla finestra. La luce del primo mattino era terribilmente insopportabile. Battei più volte le palpebre, cercando di abituarmi a quella luce. Mi voltai verso l'interno del letto, dando le spalle al comodino, alla ricerca di un po' più di calore. Venni accolta da un odore di fresco, un odore familiare. Alzai lo sguardo: oh merda. Justin era girato dalla mia stessa parte con gli occhi chiusi, i capelli arruffati, i muscoli rilassanti e le labbra schiuse. Cominciai a muovermi in modo scomposto sul materasso, alla ricerca di una posizione più comoda, ma mi fermai quando sentì Justin mugolare qualcosa nel sonno. Infastidito si mosse lentamente, iniziando a stiracchiarsi.
J: Amber, ti muovi troppo. - Disse in uno sbadiglio. Mi rannicchiai su me stessa.
Io: Scusa. - Risposi cercando di ristabilire la precedente quiete. Mi circondò con le sue braccia, stringendomi contro il suo petto caldo. Avvampai.
J: Dormi piccola Amber, sono solo le sei del mattino. - Sussurrò con ancora la voce impastata dal sonno e terribilmente sexy.

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