CAPITOLO 65. Devi lasciarmi andare.

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Il risveglio poco piacevole a causa dei raggi del sole, la fame che mi divorava e un gran dolore tra le gambe mi fecero capire che quella non sarebbe stata affatto una buona giornata. Dopo essermi alzata dal letto mi rifugiai in bagno dove mi feci una doccia, per poi indossare una felpa di Justin. Quando scesi in cucina lo trovai ai fornelli intento a preparare la colazione.
Io: Mi passi i biscotti? E anche il latte, già che ci sei. - Mi guardò, alzando un sopracciglio, lasciando i biscotti e il latte dov'erano.
J: Non dovremmo parlare noi due? - Domandò retorico.
Io: Se non vuoi passarmeli basta dirlo. - Sbuffai, alzandomi dal tavolo evitando di rispondere alla sua domanda. Sapevo che prima o poi quell'argomento doveva essere affrontato. Quella mattina non avevamo parlato, tranne qualche "buongiorno" sussurrato da parte di entrambi ma, per il resto, niente di niente.
J: Ti sta bene la mia felpa, sai? Mette in risalto... i punti giusti. - Disse osservandomi. Mi voltai verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.
Io: Sei un maiale, Bieber. - Dissi cercando di abbassare il più possibile la felpa. Andai a sedermi, senza guardarlo in volto. Mi riempì la tazza con il latte, mangiando i biscotti.
J: Passami i biscotti. - Ordinò.
Io: Perché dovrei? - Dissi facendo spallucce. Mi guardò in cagnesco.
J: Perché sono miei.
Io: Ma io sono l'ospite. - Dissi ovvia - Sono davvero buoni. - Ne addentai uno, divertita. Il suo sguardo si posò intensamente su di me, guardandomi come se volesse magiare me e non i biscotti. Rabbrividì a quel paragone e, rassegnata, gli porsi il pacco dei biscotti - Prendili pure.
J: Troppo tardi. - Non capì subito le se parola ma quando si avvicinò velocemente e mi afferrò circondandomi con un braccio l'incavo delle ginocchia caricandomi in spalla come un sacco di patate sgranai gli occhi. Iniziai a dimenarmi, scalciando alla cieca.
Io: Justin, mettimi subito giù! - Urlai colpendo la sua schiena con deboli pugni. Aumento la presa sulle mie gambe, senza rispondermi. Mi colpì il fondo schiena con una mano, facendo risuonare un sonoro schiaffo - Justin! - Urlai in preda al volta stomaco - Sto per vomitare, mettimi giù! - Salì le scale, ed entrò all'interno della sua stanza - Ti giuro che non mangerò mai più i tuoi biscotti, ma mettimi giù! - Strinsi la sua canotta tra la mani, per evitare di cadere. Avvertì la sua presa diminuire, e si piegò in avanti adagiandomi sul materasso - Si può sapere cosa ti salta in m... - Ma le parole mi morirono in gola, o meglio, sulle sue labbra. Si tuffò a capofitto sulla mia bocca, baciandomi in modo rude, violento, divoratore: non poteva baciarmi in quel modo quasi a voler mettere proprietà privata su di me. Non poteva approfittare di me in quel modo. Non poteva continuare a giocare con il mio cuore in quel modo. Non potevo lasciare che il calore del suo tocco mi accarezzasse perfino l'anima. Non potevamo continuare in quel modo. Ci trovavamo in mezzo ad un bivio: potevamo provare, o rinunciare. Rabbrividì quando sentì la sua mano poggiarsi sul mio fianco, al di sotto della felpa, a contatto con la mia pelle nuda e il cotone dei miei slip.
J: Smettila di fare così. - Sussurrò mordendomi il labbro inferiore - Smettila di tentarmi, di provocarmi, di essere così maledettamente eccitante. - Mi abbassò la felpa, quasi a voler celare il mio corpo dal suo sguardo - Smettila, ti prego. - Lo guardai indifesa. Le sue labbra a pochi centimetri di distanza dalle mie, i suoi capelli a solleticarmi la fronte, e il suo respiro contro il mio.
Io: Sei tu che ti diverti a giocare al gatto e al topo con me. - Riabbattei seria. Socchiuse gli occhi per un istante, per poi riaprirli e guardarmi intensamente negli occhi.
J: Perché ti comporti così, Amber? Perché non hai intenzione di chiarire?
Io: Non c'è niente su cui chiarire, Justin.
J: Si che c'è. - Distolsi lo sguardo dal suo, mentre mi tirava a sedere sulle sue gambe - Voglio risolvere tutto questo. Voglio poter tornare ciò che eravamo una volta, ma devi darmi la possibilità di farlo Amber. - Il suo sguardo fisso nel mio, la sua mano che accarezzava la mia guancia, io sopra le sue gambe. Non si risolvono affatto in questo modo le cose.
Io: Ti ho sempre guardato quando eri distratto, quando non te ne accorgevi. Ti guardavo soprattutto quando ridevi per qualcosa di stupido e mi accorgevo che nonostante gli altri ridessero, io non riuscivo a staccare gli occhi da te. Ti ho sempre guardato sapendo che se te ne accorgevi ci avrei fatto una figuraccia, ma speravo comunque che incrociassi il mio sguardo, che mi capissi fino in fondo. E, per quanto possa far male dirlo, non mi hai mai capita veramente. - Il suo sguardo si rattristi all'istante. Guardò altrove, irrigidendo la mascella - Voglio un ragazzo da amare davvero, Justin. Un ragazzo che mi capisca più di chiunque altro. Un ragazzo disposto a fare qualsiasi cosa per me. Un ragazzo sempre presente. Un ragazzo serio. - Afferrai il suo volto tra le mani, costringendolo a guardarmi negli occhi - Io voglio te, solo te. Ma andando avanti così, non riuscirò ad essere felice. Perché è il tuo passato ad impedirmi di esserlo. - Fissò a fondo i miei occhi, soffermandosi sulle mie labbra.
J: Cosa posso fare per farti felice? Cosa posso fare per aiutarti? - Lo guardi per interminabili secondi, senza rompere il contatto visivo. Lo guardi a fondo, scavando nel suo cuore e nella sua anima. Lo guardai, e lo baciai. Un bacio lento, un bacio passionale, un bacio nuovo. Mi strinse a se, accarezzandomi la schiena al di sotto della felpa. Io non potevo davvero andare avanti così, non potevo davvero continuare ad amare qualcuno così tanto sperando in non so cosa. Non potevo davvero continuare ad amarlo. Perché nonostante tutto, nonostante facesse male, nonostante stessi morendo dentro e fuori, l'amore che provavo per lui era in grado di uccidermi. Era in grado di spezzarmi il cuore, era in grado di confondermi, di rendermi sottomessa a tutto questo. Mi staccai lentamente.
Io: Non sono in grado di amarti, Justin. Non sono in grado di sopportare ogni cosa. Voglio che tutto questo sia solo un lontano ricordo. Voglio che torniamo ad essere solo noi, amici... e nient'altro.
J: Non puoi chiedermi questo. - Disse iniziando ad irritarsi.
Io: Devi rispettare le mie scelte.
J: Questa non è una scelta.
Io: Lo è eccome. - Mi alzai dalle sue gambe.
J: Non puoi credere che ce la faccia ad andare avanti senza di te. Non puoi credere che potrò riuscire a dimenticare quello che è successo sta notte. - Avvampai al pensiero - Io ti amo Amber. è tanto difficile da capire? - Abbassai lo sguardo, sospirando.
Io: Tu non puoi amarmi. T-Tu non sei in grado di farlo. - Gli occhi iniziarono lentamente a riempirsi di lacrime.
J: Come chiami quello che ho fatto fin'ora, allora? - Si alzò di scatto. Ci pensai su, ma un aggettivo non c'era per descrivere questo grande sentimento che ci univa. Amore? No. Passione? Forse. Attrazione? Si, decisamente.
Io: è pura e semplice attrazione questa Justin, niente di più. - Mi guardò spaesato, distaccato, lontano. Abbassò il capo, stringendo forte i pugni.
J: Cosa vuoi da me, Amber?
Io: Devi lasciarmi andare, Justin.
J: Non puoi chiedermi di farlo. - Sussurrò pacato, con gli occhi lucidi.
Io: L'ho appena fatto. - Il labbro inferiore iniziò a tremarmi, e le lacrime erano pronte per compiere il loro lavoro. Nello stesso momento in cui parlai desiderai di non aver mai aperto bocca, desiderai rimangiarmi tutto. Non sarei riuscita a non toccarlo, baciarlo, desiderarlo. E non volevo neanche che lui smettesse di farlo. Mi scrutò in volto, trafiggendomi con il suo sguardo indagatore, cercando di leggermi dentro.
J: Se è questo ciò che vuoi - Sospirò - Non ti toccherò più.


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