CAPITOLO 8. Paul.

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PARTE MIA

La solita, monotona routine tutte le mattine: mi alzo dal letto, dirigendomi in bagno. Una doccia veloce e mi preparo per andare a scuola, senza fare colazione.

M: Tesoro? – Mi blocco di scatto, prima di uscire di casa, girandomi verso la voce di mia madre. La vedo scendere le scale, indossando una vestaglia di seta color albicocca. 

Io: Si? – Si avvicina a me.

M: Mi chiedevo… hai programmi per questa sera? 

Io: Ehm… no, credo di no.

M: Perfetto! Che ne dici se andiamo a cena fuori io, te e il mio compagno, Paul? – “Nononono!” È quello che vorrei rispondergli ma so già come la prenderà. Sospiro.

Io: Certo mamma, mi farebbe molto piacere. – Fingo un sorriso. 

M: Davvero? – “Col cavolo!”

Io: Si. 

M: Grazie tesoro. – Dice abbracciandomi. Sorrido sulla sua spalla. 

Io: Devo andare. 

M: Oh si. – Dice staccandosi da quell’abbraccio – Buona giornata. 

Io: Grazie, anche a te. – Mi sorride dolcemente e non posso fare a meno di ricambiare il sorriso. Esco di casa, incamminandomi verso scuola. Non lo so, forse non è una buona idea quella di mia madre. Non mi sento ancora pronta per conoscere questo “Paul.” Il fatto è che non mi sono ancora abituata alla morte di mio padre e non riesco a capacitarmi di vedere un altro uomo, che non sia mio padre, al fianco di mia madre. Sospiro, infilando le mani all’interno del cappotto. 

TRE ORE DOPO

Il suono della campanella pone fine alla lezione di psicologia. 

Josh: E così, sta sera, conoscerai questo famoso “Paul.” – Dice sottolineando il nome con un cenno delle dita. 

Io: Non ricordarmelo, ti prego.

Taylor: Non credo che sia così tragica la cosa.

Io: Certo, per te è facile parlare. Ma prova a metterti nei miei panni. Non so come devo comportarmi, non so cosa devo dire, non so come trattarlo. – Sospiro appoggiandomi, con la schiena, contro un termosifone. 

Josh: Andrà bene, vedrai. – Dice sorridendomi. Ricambio il sorriso, tuffandomi tra le sue braccia. Cosa farei senza di lui? Mi bacia il capo, accarezzandomi la schiena. 

Io: Ho sentito dire, da mia madre, che è un ottimo chef, l’unica cosa positiva. – Li sento ridere. Di nuovo il suono della campanella riecheggia nell’aria, ponendo fine alla nostra conversazione. Sospiriamo insieme, dirigendoci verso l’aula di algebra. 

LA SERA

ORE 19.00

Finisco di indossare un paio di ballerine bianche, abbinate al vestito che ho indossato. Mi guardo un ultima volta allo specchio, sospirando. Prego, mentalmente, Dio che la serata possa andare bene mentre mi dirigo al piano inferiore. Ad attendermi c’è mia madre, splendida come sempre ed un uomo sulla quarantina di anni, presumo. Paul. Un uomo alto, dalla corporatura robusta e dai capelli brizzolati mi sorrideva accanto alla porta. Ricambiai il sorriso, un po’ incerta. Ok, potevo farcela… no?

M: Tesoro, lui è Paul. Paul, lei è mia…

Paul: Tua figlia Amber, lo so. – Dice interrompendola, sorridendomi – Tua madre non mente mai, e devo dire, che è stata sincera anche quando mi ha parlato di te. Sei, davvero, incantevole. – Sorrido imbarazzata mentre lui mi bacia entrambe le guance. 

Our love suicideWhere stories live. Discover now