CAPITOLO 14. Ho bisogno del tuo aiuto.

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PARTE MIA
DUE GIORNI DOPO
Da quella sera sono passati due giorni. Justin non è venuto a scuola nemmeno oggi, come è suo solito fare nell'ultimo periodo. Vorrei tanto capire cosa gli sta succedendo. È parecchio strano. Anche se non mi stupisco, lui lo è sempre. Da lontano intravedo Taylor e Josh. Mi avvicino a loro, salutandoli con un cenno della mano. 
T: Novità?
Io: Cosa vuoi sapere, in particolare, Taylor? - Dico guardandola.
T: Raccontami tutto quello che è successo a casa di Bieber durante la festa. - La guardo corrugando la fronte. 
Io: Da quando ti interessa sapere quello che faccio con lui?
T: Da quando è lui ad interessarti. Mi sbaglio, forse? 
Io: Oh si, ti sbagli. Non mi interessa affatto. - Lei e Josh si guardano dubbiosi sotto il mio sguardo incredulo - Pensate davvero che possa piacermi un tizio del genere?
Josh: Forse Amber...
Io: Forse niente! - Dico interrompendolo - Come potete dubitare di me?
T: Non lo stiamo facendo.
Io: Tu dici? Mi era apparso l'esatto contrario. - Chiudo, rumorosamente, l'armadietto attirando qualche sguardo indiscreto - Questo dimostra quanto prendete seriamente quello che dico, quanto vi fidate di me.
Josh: Questo non c'entra con la fiducia.
Io: Ne sei proprio convinto? - Lo guardo negli occhi, stringendo i pugni. Afferro la mia borsa, incamminandomi verso la classe di storia antica. Fanculo, ci mancavano solo loro oggi. 

Il pomeriggio, a casa, è trascorso nella noia più totale, tra libri e continuo studio. Scendo le scale, dirigendomi in cucina. Ho bisogno di una lunga e rilassante pausa. E non c'è niente di meglio di una buona vaschetta di gelato al cioccolato. Mi siedo sul divano, accendendo la TV. Faccio zamping tra i canali sperando di trovare qualcosa di decente. Niente, niente di interessante nemmeno qui. Spengo del tutto la TV, rilassandomi con il mio ottimo gelato. Guardo il soffitto sopra di me, mentre il silenzio mi circonda completamente. Mia madre e Paul non ci sono, sono usciti circa tre ore fa e ancora non rientrano. Meglio così, adoro stare a casa da sola. Chiudo gli occhi, ascoltando solo il battito regolare del mio cuore. Josh e Taylor non si sono ancora fatti sentire. Odio litigare con loro. Sono le uniche persone che riescono a capirmi fino infondo e quando non ci sono mi sento, decisamente, vuota. Devo risolvere le cose, al più presto.
ORE 18.30
Mia madre è di sotto in cucina a preparare la cena, Paul resterà qui a mangiare e per la prima volta mi fa piacere. Dalla mia camera sento il campanello suonare. Abbasso il volume della musica, cercando di capire con chi stia parlando mia madre. Poco dopo sento qualcuno bussare contro la porta della mia stanza. Dopo aver pronunciato un debole "avanti" noto la figura di Paul comparire sulla soglia. 
Paul: Qualcuno vuole vederti. - Dice con un sorriso. Controllo l'orologio, le 18.32. Chi diavolo può essere a quest'ora? Scendo dal letto, indossando un paio di converse. Esco dalla mia stanza e mi affretto a scendere le scale. Noto mia madre parlare con... Bieber? I suoi occhi arrivano a fissare la mia figura. Mia madre si allontana, ritirandosi in cucina. Lo guardo, immobile. Mi guarda allo stesso modo, abbassando successivamente lo sguardo. Con un cenno del capo gli faccio capire di uscire fuori. Socchiudo, lentamente, la porta alle mie spalle, cercando di non procurare rumore. Mi volto, trovandomi faccia a faccia con lui. Mi guarda negli occhi, senza pronunciare parola. 
Io: Cosa ti serve Bieber? Spunti così, all'improvviso, dopo tre giorni di assenza e la prima cosa che fai è venire a rompere le palle a me? - Incrocio le braccia. Alza gli occhi al cielo, sospirando. 
J: Mi serve una mano. - Dice all'improvviso. Alzo un sopracciglio. 
Io: Una mano? - Annuisce - Per cosa? 
J: Ho combinato un casino con il professor Gray. Ho bisogno che tu mi aiuti nella sua materia, in letteratura. - Corrugo la fronte. 
Io: Bene, bene, bene. Il grande Justin Bieber che chiede a me d'essere aiutato? Pazzesco!
J: Si Amber, si. - Lo guardo sorridendo appena. 
Io: Ok. - Mi guarda in modo sorpreso - Una cosa credo che potrei farla.
J: Cosa? - Dice con tono speranzoso.
Io: Semplice Bieber, pregherò per te. Ah e... in bocca al lupo. - Mi volto, rientrando in casa e chiudendogli la porta in faccia. Faccio per allontanarmi ma vengo bloccata dalla sua voce. 
J: Avanti Amber, apri la porta. Per favore! - Noto mia madre e Paul guardarmi, come se avessero capito ogni cosa. Che c'era poi da capire? Sospiro, abbassando il capo. Apro di colpo la porta. Indietreggia di un passo. 
Io: Cosa vuoi? - Dico fredda.
J: Non sei di buon umore oggi.
Io: Noti proprio tutto. - Distoglie lo sguardo dal mio. 
J: Per favore Amber, devi aiutarmi.
Io: E se non volessi farlo? - Dico incrociando, nuovamente, le braccia. 
J: Non ne saresti capace. - Lo guardo a bocca aperta.
Io: Mi stai sfidando, per caso? Sai, non ti conviene farlo. In questo momento... dipendi da me, se non te ne sei accorto. - Sbuffa, abbassando il capo - Vai a farti aiutare dalla tua ragazza. Lei si che ti saprebbe aiutare nel verso giusto, visto che è la cocca del professore. Io non posso fare nulla Justin, mi dispiace. - Gli do le spalle, pronta per rientrare in casa.
J: Tu sapresti aiutarmi nel verso giusto, solo tu... non lei. Ho bisogno del tuo aiuto, non del suo. - Mi blocco di colpo, mentre le sue parole fanno eco nella mia testa. Lentamente mi volto, immergendomi in quell'oceano di colori racchiusi dietro ai suoi occhi. Deglutisco. Abbassa lo sguardo, forse cosciente solo ora di quello che ha appena detto. Lo guardo, senza reagire. 
Io: Hai bisogno del mio aiuto... - Sussurro. Annuisce - Ma a condizione che non lo sappia nessuno, giusto? 
J: Esatto, è come se mi avessi letto nel pensiero. 
Io: Fantastico, prova a leggere il mio ora. - Il suo sguardo si incrocia con il mio, creando un impatto devastante in me. Non posso, non posso piangere davanti a lui. Non ho mai pianto davanti ad un ragazzo in tutta la mia vita, e non inizierò di certo oggi. 
J: Amber, Amber ascolta...
Io: No, ascolta tu! - Dico interrompendolo - In tutto questo tempo non hai fatto altro che umiliarmi, sei stato capace solo di fare questo. Pensavo che eri il solito ragazzo montato come gli altri e credevo di sbagliarmi quando quel pomeriggio a casa tua mi hai trattata in quel modo, quando piangevo e-e tu eri lì, pronto a consolarmi. Ma poi ho realizzato che persona meschina e senza cuore sei e io, quelli come te, li odio a morte. - Cercavo in tutti i modi di far evitare alle lacrime di uscire che spingevano forte, vogliose di rigarmi il viso. E lui era lì, davanti a me, che mi guardava con quel suo solito sguardo indecifrabile e privo di sentimento. Era troppo - Non guardarmi in quel modo! - La mia voce era l'unico suono in grado di spezzare il silenzio che lui emanava. Abbasso lo sguardo sospirando rumorosamente, mentre una lacrima solcava lentamente la mia guancia. Lo guardai, lo guardai per interminabili minuti fin quando non si accorse che stavo piangendo e fu lì che il suo sguardo cambiò, diventando dolce e comprensivo. Face un passo in avanti come per cercare di consolarmi ma indietreggiai di colpo, guardandolo in un modo che non avevo mai fatto fino ad ora: avevo paura di lui.
Io: Non voglio più avere niente a che fare con te, che sia chiaro. Non cercarmi più, ti prego. - Furono quelle le ultime parole che pronunciai prima di rientrare in casa e lasciarlo lì, da solo, in quella triste sera di novembre.

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