CAPITOLO 57. Non tornerò mai indietro.

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PARTE MIA
Nessuna spiegazione. Se n'era andato così, sparendo tra i corridoi della scuola in cerca di Corinne. Erano passati tre giorni da allora. Le vacanze natalizie erano alle porte e, presto, sarebbero venuti zia Cate e Christian per trascorrere il Natale a casa nostra. Cammino, a testa bassa, verso casa di Justin. Non dovrei farlo, e ne sono pienamente consapevole. Ma devo sapere cosa si sono detti lui e Corinne. Ho bisogno di sapere come diavolo ha fatto a scoprire tutto. Il vento freddo di dicembre mi fa rabbrividire. Infilo le mani nelle tasche del cappotto e, con ampie falcate, arrivo davanti casa di Justin. Guardo quell'immensa struttura erigersi davanti a me. Quella casa. Dove tutto ebbe un inizio, e una fine. La stessa casa che conoscevo come le mie tasche, ed è stato proprio qui dove sono stata intrappolata a vita in un mondo dove non sento di farne parte. Abbasso il capo, sospirando. Avvicino la mia mano tremolante al campanello, ma la ritraggo immediatamente notando che il cancello è socchiuso. Lo apro lentamente e ne varco la soglia, dirigendomi all'entrata. Mi blocco davanti alla porta, incerta su cosa fare. Forse dovrei solo andarmene, forse non è il caso che resti. Faccio per allontanarmi ma mi fermo di scatto. O forse... Dovrei tentare? "SUONA AMBER, FALLO!" Annuisco. Busso alla porta, aspettando. Ma nei minuti successivi di Justin non c'era nemmeno l'ombra. Tentai più volte ma cedetti, andandomene. Non era in casa, o forse non aveva semplicemente voglia di vedermi. Ma non ne capivo davvero il motivo. Forse Corinne aveva detto qualcosa che lo aveva fatto infastidire, perché non c'era spiegazione al suo comportamento. Ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a pensare a nulla. Ero io quella che doveva essere arrabbiata, e lo ero. Era stato lui a lasciarmi, e non aveva motivo di farlo, eppure lo aveva fatto senza ripensamenti; lui non aveva nessun permesso di entrare ed uscire dalla mia vita quando voleva, eppure lo aveva fatto; lui non aveva il permesso di farmi innamorare come mai prima d'ora, viziandomi dei suoi ti amo, di quelle parole dolci e di quelle carezze buttandomi, poi, via a suo piacimento, eppure lo aveva fatto. E io? Cosa avevo fatto? Avevo donato il mio cuore al ragazzo più meschino della terra. Lo avevo fatto per la prima volta, senza troppe obiezioni perché lo amavo. Ma le lezioni servono a volte, e prenderò in considerazione il fatto che mai, mai bisogna fidarsi delle suppliche, delle carezze, dei baci rubati dati da un ragazzo.
20 MINUTI DOPO
Mi stesi sul letto fissando il soffitto: la verità era solo una. Io, stupida ragazza di diciott'anni, amavo ancora quel coglione nonostante tutto il dolore che mi avesse provocato, sia fisico che mentale. Lo amavo, e lo odiavo. Entrambe le cose le provavo con una passione e una tensione assurda e mi resi conto, solo in quel momento, che io l'odiavo perché lo amavo. Glielo avevo detto senza troppi giri di parole, esplicitamente. Mi alzai di scatto, stanca di farmi così tanti problemi mentali per un idiota simile. Decisi di andare ad assistere allo spettacolo pomeridiano del corso di recitazione che si sarebbe tenuto quel pomeriggio nel teatrino della scuola. Uscì di casa e mi incamminai verso scuola dove una massa di persone si dirigeva verso il teatro. Mi strinsi nelle spalle, ignorando qualche sguardo curioso. Ancora mi chiedevo come aveva fatto Corinne a sapere di me e Justin e quello, in quel momento, era l'argomento più interessante dell'intero istituto. Dannata ragazzina. Entrai nel teatro alla ricerca di un posto libero dove potermi accomodare. Iniziai a girare per quasi tutta la sala e, quando ne trovai uno vicino alle prime file, mi accomodai senza ripensamenti.

Una noia, stavo assistendo ad una tale noia. Decisi di andarmene, avevo assistito abbastanza. Mi incamminai vero l'uscita, indifferente. Odiavo essere fissata, soprattutto da questo branco di idioti. Odiavo frequentare questa dannata scuola. Odiavo essere al centro dell'attenzione. E odiavo me stessa per essermi soffermata a fissare Justin. Era seduto quasi alla fine della sala. Le gambe appoggiate al posto davanti, senza ritegno. Gli occhi fissi sul palco. Ryan e Chaz erano seduti dietro di lui. Possibile che lo seguivano come dei cani? Ma qualcosa attirò la mia attenzione: una ragazza minuta fece la sua comparsa alla sua destra. Poggiò la testa sul suo petto mentre il bastardo continuava ad accarezzargli un braccio. Chi cazzo era quella? "GELOSA, COLLINS?" Chi, io? Non esiste. Può fare quello che vuole, non stiamo più insieme ora. Mi irrigidì di colpo osservando la mora stampargli un bacio sulle labbra che lui ricambiò poco attento. Promemoria: non osservate mai il vostro ex fidanzato baciare un'altra, potreste finire in lacrime. Ma non piansi, non versai nemmeno una schifosissima lacrima. Non ne avevo più. Guardai solo la scena schifata, disgustata, amareggiata, e mi sentì incondizionatamente troppo piccola per quel luogo. O meglio, per il mondo intero. Il suo sguardo si posò su di me, spaesato. Lo guardai senza un briciolo di emozione, indifferente, spenta, segnata a vita da quell'episodio. Fece per alzarsi ma si bloccò di scatto capendo che non ne valeva affatto la pena. Già, perché io non contavo più niente per lui. Distolsi lo sguardo dai suoi occhi, fissando le punte delle mie scarpe. Tutta quella situazione mi faceva talmente schifo da sentire il bisogno di vomitare, sulla sua faccia però. Lo guardai un'ultima volta negli occhi, morta sia dentro che fuori. Lo sguardo di Chaz si soffermò ad osservare prima me e poi Justin, capendo tutta la situazione. Me ne andai via, con passo svelto. Uscì da quella maledetta struttura, incamminandomi verso la caffetteria più vicina.
Ordinai un caffè, avevo davvero bisogno di rilassarmi. E pensai di farlo, fino a quando una voce non chiamò il mio nome. Mi voltai.
Io: Chaz? - Si avvicinò, sedendosi difronte a me.
C: Sai il mio nome a quanto pare. - Disse sorridendo.
Io: E tu il mio.
C: è difficile non saperlo. Stai diventando popolare a scuola, sai?
Io: Non è una cosa che mi fa saltare dalla gioia se ci tieni a saperlo. - Dissi sorseggiando il mio caffè - Ti manda Bieber? - Parlai di punto in bianco. Per poco non si strozzò con il cornetto che stava mangiando.
C: Cosa te lo fa pensare?
Io: La tua presenza. - Sussurrai pacata. Abbassò lo sguardo - Non mi conosci, non ti conosco. Ti presenti qui, di punto in bianco e l'unica comanda possibile che mi ronza nella testa è questa: cosa diavolo vuoi da me? - Dissi seria.
C: Mi manda Justin. - Sorrisi ovvia. Il coglione doveva mandare i suoi amichetti per chiarire le cose - Ascolta Amber... lui ti ama ancora.
Io: Non mi interessa. - Dissi velocemente.
C: Non è vero. Ti interessa eccome, sia di lui che della vostra storia. Ho visto come vi guardavate prima e ti posso assicurare che mai, mai ho visto uno sguardo simile. - Sentì le guance andarmi lentamente a fuoco - Perché non provate a chiarire?
Io: Chiarire? Non c'è nulla su cui chiarire. È stato chiarissimo quel giorno quando mi ha lasciata, io non devo chiarire niente.
C: Ne dei sicura?
Io: Si. - Risposi seria.
C: E allora dimmi ora, guardandomi negli occhi, che non provi più niente per lui e che non vale la pena di lottare ancora.
Io: Niente conterà più come prima.
C: Rispondi Amber. - Lo guardai ancora.
Io: Io.non.lo.amo.più. Ti è chiaro ora?
C: Non ti credo. - Disse incrociando le braccia.
Io: Non capisco perché stai facendo tutto questo. Che c'è? Il tuo amichetto non ha le palle per venire a parlare con me? - Irritata, incazzata, nervosa. Cosa voleva ancora da me?
C: Non è una questione di avere le palle o meno. Si tratta di voi. Io lo sto facendo per lui, per la sua felicità.
Io: Strano, mi pareva alquanto felice con quella troia prima. Mi sbaglio, forse?
C: Mai sentito parlare di "dimenticare"?
Io: E ci si dimentica in quel modo di una persona?
C: Si Amber, andando avanti. - Corrugo la fronte.
Io: Non ti rendi conto ma ti stai rimangiando le parole. Un secondo prima mi dici che devo chiarire e l'attimo dopo pensi che baciare un'altra sia la cosa giusta per dimenticare? - Sospirò.
C: Sei perspicace, i miei complimenti.
Io: Ti ringrazio. - Lasciai il conto sul tavolo e mi incamminai verso l'uscita della caffetteria. Iniziai a camminare verso casa, sapevo che mi stava seguendo e quando sentì la sua voce ne ebbi la conferma.
C: Non ci hai nemmeno provato, Amber!
Io: A fare cosa? - Continuai a camminare.
C: A perdonarlo! - Mi bloccai di scatto, mentre le sue parole mi arrivarono dritte alla testa. Mi voltai verso di lui.
Io: Hai ragione, forse non ci ho provato abbastanza ma con i traditori è così. - Sospirò - Mai, mai nella mia vita mi ero innamorata così tanto di una persona, e ha buttato tutto al vento lasciandomi quel giorno per telefono. Cos'altro credi che debba fare, eh? Continuare a farmi prendere per il culo da uno come lui? Ma non lo vedi Chaz? Passa da una ragazza all'altra ogni giorno senza provare un briciolo di riguardo nei miei confronti. - Una lacrima solcò la mia guancia, lentamente - Non sono quel tipo di persona, non sono disposta a perdonare chi continua a farmi soffrire. E non venirmi a dire che lo fa per dimenticarsi di me, perché sono disposta a non crederti Somers. - Asciugai il viso con il dorso della maglietta, singhiozzando - Mi fa davvero male vederlo andare avanti tranquillamente senza di me. Mi rendo conto che ha finto che fossi importante per lui. Ma, infondo, cosa potevo aspettarmi da Justin Bieber? Nulla, assolutamente nulla.- Mi guardò immobile, senza sapere cosa fare. Doveva solo andarsene, ecco tutto - Io e lui resteremo solo due che non sono riusciti ad amarsi. Io gli vorrò bene per sempre, anche lui. Ci cercheremo nelle altre persone, ci mancheremo continuamente, ma non torneremo mai indietro. L'amore, nel nostro caso, ha rovinato tutto.
C: Cosa posso fare? - Disse pacato.
Io: Vattene via Chaz, non immischiasti in questa storia. E di a quel coglione che mi ha rotto le palle tanto da farmi incazzare ogni santo giorno. - Mi allontano, pronta per tornare a casa.
C: Solo questo? - Mi blocco di scatto.
Io: Non voglio più avere niente a che fare con lui. Digli che non tornerò mai indietro. Digli che lo odio.

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