CAPITOLO 41. Paure.

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PARTE MIA 

Lo scorso pomeriggio rimasi al telefono con Justin per altre due ore. Non riuscivamo a finire la nostra conversazione che subito trovavamo un nuovo argomento sul quale parlare. Ero davvero la ragazza più felice del mondo e mai, mai avrei rinunciato a lui. Ma di una cosa continuavo ad avere il terrore: la paura che potesse commettere qualche stupidaggine si faceva sempre più viva in me, conducendo la mia mente a pensare cose inadeguate. Avevo paura di perderlo e questa paura cresceva in me giorno dopo giorno. Non era facile stare migliaia e migliaia di chilometri distante senza sapere anche la più piccola cosa. Ma avevo deciso di non adattare questo comportamento su di lui, avevo deciso di smetterla con tutte le mie assurde paranoie e di lasciare liberi i suoi spazi. Non mi sarei mai, e dico mai messa in mezzo tra le sue amicizie o tra qualunque altra cosa. Rispettavo i suoi spazi, proprio come lui rispettava i miei. La fiducia era la parte principale in un rapporto e noi la stavamo usando nel verso giusto. La mattina trascorsi il mio tempo con Betty, studiando continui numeri e infinite radici quadrate o cubiche. Ma ora, non sapevo proprio cosa fare. Mio cugino sarebbe tornato a momenti dalla palestra e sinceramente non vedevo l'ora, avevo bisogno di passare un intero pomeriggio con lui. Mia zia era al lavoro e non sarebbe tornata prima delle 20.00. In attesta dell'arrivo di Christian decisi di svagarmi un po' vedendo la TV, la mia più grande e fidata compagna. Così rimasi piazzata sul divano per le prossime due ore. 

TRE ORE DOPO 

Il campanello mi fa aprire di scatto gli occhi, facendomi intuire di essermi addormentata sul divano. Mi alzo e vado ad aprire. Un Christian sudato ma comunque perfetto si presenta ai miei occhi. 

C: Ciao cuginetta. - Dice entrando e stampandomi un bacio sulla guancia. 

Io: Ciao. - Chiudo la porta passando ad osservare i suoi movimenti. 

C: Mia madre è al lavoro? - Annuisco. Posa un enorme borsone per terra, in un angolo dell'ingresso prima di dirigersi in cucina. Lo seguo. - Da quat'è che sei sola? - Dice versando del succo freddo in un bicchiere. 

Io: Abbastanza. 

C: Ma non ti annoi mai tu? 

Io: Perché dovrei? Trovo sempre qualcosa da fare. - Fa spallucce, portandosi il bicchiere all'altezza della bocca - E tu? Ti sei divertito in palestra? - Annuisce con il capo, bevendo il suo succo. 

C: Mmh... Mi faresti un favore? - Posa il bicchiere all'interno del lavandino. Annuisco - Saresti così gentile da lavare la mia divisa da basket? Mi serve per domani. 

Io: D'accordo, ci penso io. - Si avvicina. 

C: Grazie, ti adoro. - Dice prima di stringermi in un caloroso abbraccio. Mi stampa un bacio tra i capelli. 

Io: Ehm, Christian? 

C: Mmh? 

Io: Mi stai soffocando. 

C: Oh, scusami. - Dice staccandosi, ridendo - La mia divisa è nel borsone, d'accordo? - Annuisco - A dopo Amber. 

Io: A dopo Chris. - Dico sorridendo. Esce dalla cucina, scomparendo tra le scale. Poco dopo esco a mia volta estraendo dal suo borsone la divisa. Salgo le scale, raggiungendo il bagno principale. Inserisco la divisa all'interno della lavatrice, preparando il suo lavaggio. Una volta fatto mi dirigo nella mia stanza decidendo di fare anch'io una lunga e rilassante doccia. 

MEZZ'ORA DOPO

Avvolgo il mio corpo con un asciugamano ed esco dal bagno, incamminandomi verso il letto. Mi siedo su di esso, afferrando il telefono. Nessuna chiamata da Justin. Sospiro. Lascio cadere a terra l'asciugamano, indossando l'intimo bianco. Qualcuno bussa alla porta. Sbianco di colpo. 

Our love suicideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora