CAPITOLO 116. Justin sei tu?

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La sera arrivò prima del previsto quel giorno. Mi feci coraggio, ed indossai lentamente il vestito regalato da Justin. Non potevo avere paura. Non dovevo avere paura. La paura era un qualcosa che non dovevo minimamente conoscere, un qualcosa che avrebbe solo peggiorato le cose, un qualcosa che non mi avrebbe minimamente aiutato.

Ma la paura c'era.

E con essa c'era anche l'idea di mollare tutto e fuggire, magari lontano, magari in un posto sconosciuto sul navigatore, magari via da qui.

Justin osservava tranquillo e rilassato la sua immagine attraverso lo specchio, sistemandosi il colletto della camicia. E mi chiesi come poteva riuscirci, come poteva essere così calmo proprio come se la serata si fosse svolta nel migliore dei modi, infondo. Ma io sapevo che non era così, e mi auguravo vivamente che anche lui ne fosse pienamente cosciente.

Quello che mi aspettava era un qualcosa di particolarmente estraneo ma non solo per me, anche per lui. Quello che CI aspettava avrebbe in qualche modo peggiorato le cose? O non sarebbe successo semplicemente nulla? E se mi fossi solo sbagliata? Se stessi immaginando troppe cose inutili? Se tutto questo non accadrà ma la serata proseguirà per il verso giusto senza rimpianti, ripensamenti e problemi? Domande. Continue domande senza una risposta. Continue domande ronzavano nella mia testa. Continue domande in grado di trasmettermi ansia, ansia e nervosismo. Continue domande che venivano affiancate d'altrettante domande, anche quest'ultime senza una risposta certa. E se non succederà semplicemente nulla? E se io e Justin torneremo sta sera a casa dopo aver trascorso una divertente serata? E se mi fossi posta troppi problemi senza uno scopo ben preciso? Ma uno scopo c'era. Uno scopo lo aveva. E il suo scopo era quello di uccidermi una volta rapita con la forza.

Dovevo rilassarmi. Dovevo rilassarmi e ne ero maledettamente cosciente. Dovevo farlo per non far preoccupare o trasmettere altra ansia a Justin. Ma rilassarsi avvolte non basta.

Una stretta protettiva e forte mi avvolse i fianchi. Alzai il capo, trovandomi davanti il riflesso degli occhi di Justin. Ogni giorno che passava diventavano sempre più belli, più luminosi e più penetranti. Erano in grado di trasmetterti davvero tutto: ogni emozione positiva o negativa che fosse. E mi piaceva, mi piaceva annegare in quelle iridi dorate senza un contegno, e senza un ritorno.

J: Il vestito ti sta d'incanto. - Sussurrò contro il mio orecchio tirando su la cerniera della zip. Accennai un sorriso forzato, trasmettergli le mie paure o preoccupazioni in quel momento era una cosa che non volevo affatto - Tutto ok? - Come non detto.

Io: Certo, va magnificamente. - Risposi prontamente allontanandomi - Perché non dovrebbe andare bene? - Gli chiesi ironica.

J: Amber...

Io: Oh no Justin, sono seria. - Lo interruppi - Non devi assolutamente preoccuparti. - Afferrai la mia poschet dalla sedia, voltandomi verso di lui con un sorriso tale da farlo abboccare. Avevo deciso io di andare ugualmente alla festa nonostante le sue continue prediche contrarie al riguardo. E ora dovevo accettarne le conseguenze, senza obbiettare e senza oppormi difronte a nulla.

Una volta in macchina accesi la radio per distrarmi. Justin guidava concentrato, senza staccare gli occhi dalla strada. Guidava, e di rado mi osservava. Era un procedere ciclico: i suoi occhi puntati sulla strada e poi via, su di me, in chissà quale punto del viso... o del corpo. E io non ero da meno. Eravamo come una calamita: quando percepivamo gli occhi dell'uno o dell'altra ci voltavamo di conseguenza, cacciando l'imbarazzo, cacciando vergogna di essere soli in una macchina e cercare di non pensare a cosa sarebbe potuto accadere se uno dei due si fosse lasciato andare. La voce di Katy Perry dominava l'aria. Chiusi gli occhi rilassandomi, allontanando ogni pensiero che mi stesse affiorando la mente in quel momento. Muovevo il piede a ritmo della canzone, canticchiando di rado. E sulle note di Firework la macchina si accostò davanti all'istituto. Aprì gli occhi, cercando di fare mente locale. Mi guardai intorno notando studenti fumare, chiacchierare o semplicemente fare la propria entrata della serata sfoggiando vestiti di ogni genere e colore.

Our love suicideWhere stories live. Discover now