CAPITOLO 62. Sono rientrato in un giro.

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Qualche ora dopo mi incamminai verso casa di Taylor, dove venne ad aprirmi sua madre. Osservandomi con attenzione capì che qualcosa non quadrava.
-Tesoro, cos'è successo?
Io: Pensavo che Taylor glie ne avesse parlato. - Disapprovò con la testa
-Che succede?
Io: Niente, mia madre è solo incinta.
-Cavolo! - Rispose sorpresa. Si sedette sul divano, accanto a me.
-Ti ci abituerai, vedrai. Adesso fa male, ma piano piano il dolore passerà e il legame unico che c'è fra voi non cambierà mai. E, comunque sia, tu farai la tua strada e andrai avanti, crescerai e questo luogo farà solo parte del tuo passato. E un giorno ti accorgerai di essere felice per loro.
Io: Non sarò mai felice per loro.
-Sai quanti fratelli ho io? - Disse passandosi una mano fra i riccioli.
Io: No.
-Tre fratelli e una sorella. Io sono la più grande. E mia madre non ha mai risparmiato un bacio ad ognuno di noi. Con il primo figlio c'è sempre una relazione speciale. - Disse facendomi l'occhiolino. Quella spiegazione mi diede un minimo di conforto, ma appena mi immaginavano mia madre con in braccio l'intruso mi si attorcigliavano le budella - Vado a chiamare Taylor. - Annuii sorridendo.

T: Sei sicura?
Io: Sicurissima. Spero solo di non creare disturbo.
T: Ma figurati. Puoi sistemarti con me nella mia stanza.
Io: D'accordo. - Le sorrisi. Non avevo nulla con me, se non il telefono. Non intendevo minimamente rimettere piede a casa mia dopo tutto quello che era successo.
T: Vuoi una cioccolata calda?- Annui. Mi guardai intorno, osservando la stanza. Avevo sempre amato la cameretta di Taylor, grande al punto giusto, spaziosa e, cosa più bella, colorata al massimo. Ogni parete aveva un colore. Mi sedetti sul letto, osservando la grande cabina armadio. La madre di Taylor, Nina, e il padre, Patrick, lavoravano insieme in una gigantesca società di arredamenti. Non mi stupivo affatto se questa casa era maledettamente bella, perfetta anche nel più piccolo dettaglio. Poco dopo la vidi varcare la soglia della sua stanza con due tazze fumanti. Si sedette al mio fianco, porgendomene una. La bevvi piano, sorseggiando - Guarda qui. - Disse porgendomi un volantino.
Io: Cos'è?
T: Me l'ha portato mia madre sta mattina. Stanno organizzando una festa dopo il capodanno.
Io: Dove?
T: In un locale vicino scuola.
Io: Ma questa e una discoteca?. - Dissi osservando attentamente l'immagine. Annuii - No grazie. - Le porsi il foglio. Mi guardò confusa - Non metterò mai più piede ad una festa. Dopo l'ultima sbronza che ho preso voglio evitare di cacciarmi di nuovo nei guai. - E, per un momento, mi tornò in mente l'immagine di me e Justin mentre facevano sesso. Avvampai al pensiero.
T: Non succederà come la volta scorsa., te lo posso garantire. Ma dobbiamo andarci. Sarà un occasione per distrarti, anche dopo la notizia di tua madre. - Ci pensai su. Aveva ragione.
Io: D'accordo. - Sorrise.
T: Bene. Ora dobbiamo solo trovare un vestito per entrambe. - Si avvicinò alla sua cabina armadio, osservando al suo interno.
Io: Taylor, manca ancora una settimana. - Dissi ridendo.
T: Non importa, dobbiamo avere già tutto pronto. - Era incorreggibile. Sempre la solita Taylor. Alzai gli occhi al cielo, sospirando.
UNA SETTIMANA DOPO
Le continue chiamate di mia madre mi assillavano. Solo una volta le avevo risposto e, quel giorno, le avevo spiegato la faccenda. Non intendevo affatto tornare a casa, lo avrei fatto quando mi sentivo pronta. Aprì il grande armadio di Taylor e cercai qualcosa di carino da mettere. Sta sera ci sarebbe stata la festa e, sinceramente, non ci sarei andata se lei non avesse insistito in quel modo. Osservai attentamente ogni abito e, alla fine, optai per un tubino nero. Afferrai un paio di tacchi del medesimo colore e mi preparai. Quando andai da Taylor, la trovai in bagno impegnata a piastrarsi i capelli.
T: Ehi bellezza! - Disse guardandomi. Sorrisi.
Io: Allora? Che te ne pare?
T: Sei una schianto, ma non sei truccata! - Rispose con disappunto.
Io: Bhè... no.
T: Spediti qui, ci penso io. - Prese la sua trousse, pennelli e matite e cominciò a disegnarmi il contorno degli occhi. Poi sfumò le palpebre con un grigio opaco per mettere in risalto il colore dei miei occhi. Infine, terminò con una generosa dose si mascara e lucidalabbra.
T: Ecco fatto, puoi guardarti. - Disse porgendomi il suo specchietto.
Io: Wow! - Esclamai incredula. Non sembravo io, o meglio sembravo un'altra me - Dimostro vent'anni!
T: Almeno sembrerai un po' più matura e non una mocciosa che fa i capricci perché sua madre aspetta un bambino! - Il sentirmelo ripetere mi diede di nuovo sui nervi.
Io: Vuoi smettere di parlarne come se piangessi perché mi si è bucata la bicicletta?
T: è una tattica.
Io: Bella tattica, Taylor. - Le risposi facendole una linguaccia.
Mezz'ora dopo ci incamminammo verso la discoteca e, una volta arrivate, un allucinante odore di alcool ci travolse completamente.
PARTE JUSTIN
C: Perché non vieni a ballare? - Continuava a stuzzicarmi.
Io: Non ne ho voglia Cassandra, te l'ho detto.
C: Come sei noioso. - Disse imbronciandosi come una bambina. Sospirai, avvicinandomi al tavolo delle bibite. Ordinai una vodka e, nell'attesa, iniziai ad osservare le varie persone che si presentavano ai miei occhi. Un mucchio di mocciosi, ecco cos'erano. Il bar-man arrivò con la mia ordinazione. Afferrai il bicchierino di vodka mandandolo giù tutto insieme. Il familiare bruciore alla gola prese il sopravvento. Non avevo più notizie di Amber da due settimane, ormai. E dubitavo, vivamente, che sarebbe venuta sta sera. L'ultimo episodio che le ricordava una festa simile fu quella sera. Sapevo che aveva paura di incontrarmi, sapevo che non voleva avere più niente a che fare con me, e sapevo che mi aveva dimenticato. Ma io non ero riuscito a farlo, non del tutto almeno. Ma quando la vidi varcare la porta principale del locale il mio cuore perse un battito e mi ritrovai a fissarla con insistenza. Indossava un tubino nero, un giacchetto di pizzo nero, tacchi del medesimo colore e, i capelli mossi, la rendevano estremamente sexy. Se era bella? Lo era in tutti i sensi. Posai il bicchierino sul bancone pensando che forse sarebbe stato il caso di avvicinarmi. Ma non lo feci, notando un ragazzo avvicinarsi con troppa insistenza. Ma, solo in un secondo momento, mi accorsi che si trattava di Josh. Osservai ogni suo movimento e la vidi dirigersi vero una zona appartata insieme ai suoi amici. Abbassai il capo, sospirando. Avevo bisogno di una sigaretta.
MEZZ'ORA DOPO
Spensi il mozzicone sotto la suola delle mie scarpe e buttai via il fumo ancora in eccesso. Mi passai una mano tra i capelli, osservando il cielo sopra la mia testa. Cosa potevo fare? Nulla, perché non mi era permesso fare assolutamente nulla. Se non guardarla. Mi incamminai verso l'entrata del locale ma mi bloccai di scatto notando una figura, a me familiare, camminare avanti e indietro. Con le braccia intorno al corpo sembrava ancora più minuta di quanto già fosse. Ebbi l'istinto di andarla a salutare. Mi avvicinai ma, appena mi vide, me ne pentì totalmente. Abbasso la testa e aggrottò la fronte come un rinoceronte che si prepara alla carica.
Io: Ehi, aspetta Amber! - Le gridai correndole dietro, mentre allungava il passo faticosamente - Amber, fermati! - E lo fece, rivolgendomi un'occhiata carica di rancore e ostilità. Come darle torto.
A: Che c'è? Vuoi una mia foto? - Chiese sprezzante.
Io: No, guarda non ho nemmeno il telefonino. - Risposi ironico.
A: Allora cosa vuoi? - Incrociò le braccia.
Io: Parlare. - Girò i tacchi e riprese a camminare - Avanti Amber, possibile che devi sempre reagire così? - Dissi voltandola verso di me.
Io: Tu non devi toccarmi. - Disse allontanandosi dal mio corpo.
Io: Ok, non lo farò ma almeno possiamo parlare? - Mi guardò fissa negli occhi - Solo per cinque minuti. - Sospirò rassegnata. La feci accomodare su una panchina per poi sedermi accanto a lei - Ti prego di ascoltarmi.
A: Sono qui apposta. - Annuii, abbassando il capo.
Io: Ascolta Amber, io... io non so davvero da dove iniziare.
A: Forse perché non c'è nulla su cui parlare? - Mi guardò fredda.
Io: Ci sono molte cose su qui parlare ma non sono qui ad elencarle tutte.
A: Invece credo proprio che dovresti farlo, sai? - Si avvicinò - Ti dico io da dove iniziare. Perché non cominci dicendomi per quale cazzo di motivo mi hai lasciata?
Io: Te l'ho detto, per proteggerti da me. - Alzò un sopracciglio.
A: Cosa sei diventato? Una specie di pazzo psicopatico, per caso?
Io: Amber, Amber non scherzare. - L'espressione del suo viso si rilasso notevolmente - Ho sempre cercato di proteggerti dal mio passato.
A: Non ho paura del tuo passato. - Disse guardandomi negli occhi.
Io: Ma io si. Ho paura per te e non voglia che ti accada nulla. Quindi ascoltami ora. - Mi guardai intorno - Sono rientrato in un giro, un giro di cui ne facevo parte tre anni fa.
A: Quale giro? - Disse sussurrando. Deglutì pesantemente, senza distogliere lo sguardo dal suo. Avrei dovuto dirglielo? Forse no, forse sarebbe stato solo uno sbaglio. Non mi sentivo ancora pronto per confessargli tutto - Justin, quale giro? - Mi chiese preoccupata. Ma non lo feci, non gli dissi niente. Me ne andai, lasciandola sola su quella panchina. "SEI UN IDIOTA JUSTIN, UN GRANDISSIMO IDIOTA."


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