CAPITOLO 27. Patrick.

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UNA SETTIMANA DOPO
Il viaggio a Parigi è stato, senza dubbio, favoloso. Credo di ritornarci, amo quella città. In questo momento mi trovo nella mia stanza e sono impegnata a preparare le valigie. Non ho cambiato idea, me ne andrò a New York tra qualche giorno. È giovedì pomeriggio e fuori piove a dirotto. La grandine sbatte, forte, sul vetro della finestra della mia stanza rompendo il silenzio circostante. Sono sola in casa, mia madre è al lavoro. Non ho molta voglia di restare qui. Indosso un paio di scarpe e un giacchetto. Scendo le scale ed afferro un ombrello. Esco di casa e mi imbatto nella pioggia. Le macchina sfrecciano veloci. Sospiro ed inizio a camminare. Non so dove andare, non so cosa fare. L'unica cosa che so è che voglio stare sola. Ho bisogno di pensare, ho bisogno di riflettere su tutto quello che è successo in queste ultime due settimane. Ho sbagliato, ho sbagliato ogni cosa. Non dovevo stare ai suoi baci, non dovevo semplicemente fidarmi di lui. Sospiro. Ma voglio una spiegazione, voglio sapere perché ha reagito il quel modo... voglio sapere, per lui, che significato hanno avuto quei baci. Mi dirigo verso casa sua, a passo svelto. La pioggia batte incessante sul mio ombrello. Dannato tempo! Varco il piccolo vialetto della casa di Bieber e mi avvicino alla porta. Chiudo l'ombrello, riparandomi sotto la grande tettoia. Suono. Guardo il cielo. Dio, non la vuole proprio smettere oggi. Sento la porta aprirsi alle mie spalle. Mi volto e incrocio i suoi occhi. 
J: Amber... - Sussurra. Abbasso il capo, imbarazzata - Che ci fai qui? - Deglutisco.
Io: E-Ero venuta per parlare con te.
J: Con me? - Dice sorpreso. Annuisco - Oh, bhè... in questo momento non posso. - Dice grattandosi la testa imbarazzato. Corrugo la fronte.
Io: O-ok, possiamo parlare anche qui se non vuoi che entri.
J: A-Amber... - Dice avvicinandosi. Socchiude la porta alle sue spalle. Pensa alle parole adatte da dire, guardandosi intorno. Lo guardo, lo guardo per interminabili minuti. Il suo profilo è perfetto, cavolo. I miei occhi vengono attratti da una macchia situata sul suo collo. Avanzo di un passo per guardare meglio. Mi guarda, deglutendo. Ma mi accorgo che quella non è affatto una macchia, ma un succhiotto. Indietreggio di un passo, deglutendo pesantemente. Si accorge del mio sguardo fisso sul suo collo e cerca di coprire quello schifo posando una mano sulla sua pelle. Mi guarda mortificato, mentre sento la gola pizzicarmi - Amber... - Fa per avvicinarsi ma mi allontano del tutto - Amber, posso spiegarti. 
Io: No Justin. - Lo guardo negli occhi - Non devi darmi nessuna spiegazione, va bene così. Non mi interessa sapere che ti sei portato al letto una altra ragazza. Davvero, non voglio saperlo. - Irrigidisce la mascella - Non mi interessa sapere che ora lei è lì, nuda sul tuo letto. Non mi interessa davvero. - Apro l'ombrello, pronta per andarmene - Non dovrai mai darmi nessuna spiegazione, io non ne ho bisogno. Perché non intendo sapere quello che fai, non mi interessa... proprio come non mi interessa di te. - Mi guarda negli occhi, con sguardo dispiaciuto - Non guardarmi in quel modo. Te l'ho detto, non devi dirmi niente. Non ho bisogno di te. - Il mio sguardo si incrocia un'ultima volta con il suo. I suoi occhi mi chiedono di restare, riesco a leggerlo attraverso di essi. Scendo le piccole scale che mi dividono dal viale ed inizio a camminare verso la strada. Varco il cancello di casa sua e, in quel momento, un enorme vuoto mi trapassa il cuore e l'anima. Cammino, cammino senza fermarmi. Cammino anche dopo aver superato casa mia mentre le lacrime iniziano a farsi sentire. Cazzo no, non devo piangere per lui, non devo farlo. Troppo tardi. Il mio viso è solcato da profonde lacrime. Le asciugo in fretta con il dorso del giacchetto. Dannato Bieber, dannato il suo mondo. Lo odio, lo odio con tutta l'anima. Se lo avrei saputo, giuro... non mi sarei mai presentata. Ma infondo, c'era da aspettarselo da uno come lui. Ma che cosa credevo? Davvero pensavo che tra di noi, dopo i baci dati, sarebbe potuto nascere qualcosa? Oh Dio mio, a che cazzo vado a pensare. Uno strano presentimento inizia ad assalirmi. Mi volto di scatto, ho come l'impressone di essere seguita. Mi guardo intorno, non c'è anima viva solo qualche macchina che sfreccia sulla strada. Deglutisco. Forse dovrei tornare a casa. Ah, al diavolo! Mi volto, proseguendo a camminare. 
-Amber! - Sento qualcuno chiamare il mio nome. Mi volto nuovamente, trovando davanti a me il nulla. Bene, sto anche impazzendo ora. Passo una mano tra i capelli, sospirando. Quando mi giro, trovo due occhi color ghiaccio fissare i miei. Indietreggio di un passo, sobbalzando. Un ragazzo dai capelli neri come la notte e dalla carnagione scura è davanti a me a fissarmi. Lo guardo impaurita, cercando di allontanarmi.
-Amber, giusto? - Dice sorridendomi. Corrugo la fronte.
Io: Ci conosciamo? - Disapprova con la testa.
P: Io sono Patrick, frequento la tua stessa scuola. - "Ok, e allora? Non me ne frega un emerito cazzo, chiaro?" - Ho sentito molto parlare di te.
Io: Senti ehm... non vorrei sembrare troppo scortese ma dovrei tornare a casa. - Dico riprendendo a camminare.
P: Davvero? Non ti va di fermarti a prendere qualcosa al bar? 
Io: No grazie. - Dico seria. 
P: Avanti, solo una cioccolata calda e via. Vorrei tanto conoscerti meglio. - Dice affiancandomi e sorridendomi. Lo guardo. 
Io: D'accordo ma solo cinque minuti, ok? - Annuisce sorridendo. Entriamo in un bar e ci accomodiamo ad un tavolo. 
P: Allora, a che anno stai?
Io: Ultimo anno.
P: Oh ma davvero? Anch'io. - Dice sorridendo. È così irritante quel sorriso, Dio. Sorrido appena. Ma cosa cavolo vuole da me? Un cameriere arriva e prende le nostre ordinazioni. Poco dopo iniziamo a bere le nostre cioccolate.
Io: Non ti ho mai visto prima. - Dico guardandolo.
P: Bhè, non sono uno che ama molto frequentare la scuola, tutto qui. 
Io: Oh, capisco. - Dico bevendo un delizioso sorso di cioccolata. 
P: E tu? Sei la solita secchiona? - Alzo un sopracciglio.
Io: No, ma mi piace studiare. - Annuisce - In che sezione sei? 
P: E. - Mi risponde troppo velocemente per i miei gusti. Sorride forzato. Non voglio dare troppo peso alle sue reazioni. 
Io: Mi stavi seguendo, per caso? 
P: Io? - Dice indicandosi. Annuisco - Ok si, mi hai beccato. Ti ho vista da lontano e così mi sono avvicinato. È da molto che volevo conoscerti, sai? 
Io: Davvero? - Dico corrugando la fronte. Annuisce sorridendo. Ricambio il sorriso un po' incerta. 
P: Sei fidanzata? - Sputa all'improvviso.
Io: Chi io? - Annuisce ancora - Ti sembro tipo da una storia d'amore?
P: Bhè... si?
Io: No, non lo sono. Credimi. 
P: E perché non dovresti esserlo? - "Sai, mi chiedo anch'io perché continui a farmi tutte queste domande." Faccio spallucce - Sei una bella ragazza. - Dice puntando il suo sguardo su di me.
Io: Grazie. - Dico accennando un sorriso. Guardo l'orologio che porto al polso - Devo andare. - Dico alzandomi in fretta - Grazie per avermi offerto la cioccolata.
P: Oh, è un piacere. - Sorride - Ci rivedremo? - "Mi auguro vivamente di no, brutto maniaco."
Io: A scuola.
P: Intendevo fuori scuola. - Scandisce bene le ultime parole. Faccio spallucce.
Io: Ciao. - Mi saluta con un cenno del capo. Esco dal bar. Ok, quel tipo non mi piace per niente. 
ORE 8.00
La mattina a scuola ho scoperto che nella sezione "E" non c'è nessun Patrick e questo non ha fatto altro che aumentare la mia preoccupazione.
T: Amber, che succede? - Dice guardandomi dubbiosa.
Io: Ehm... Niente, tranquilla. - Dico sorridendo appena.
T: Sei sicura? Non la smetti un attimo di guardarti intorno.
Io: N-No, ti sbagli. È tutto ok.
T: Come vuoi. - Dice facendo spallucce. Ci incamminiamo verso l'aula di algebra, pronte per passare una noiosissima ora tra numeri e radici quadrate.

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