CAPITOLO 68. Tu provi qualcosa per me?

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PARTE JUSTIN

I giorni passavano, le ore passavano e, con esse, anche gli interminabili minuti. Amber era, ormai, solo un lontano ricordo. Amber era, ormai, solo la parte nascosta di me. Amber era, ormai, solo un amore non in grado di essere vissuto. Ero solo. Ero triste. Ero depresso. Ero sconvolto. Ero ferito. La mia vita si stava lentamente sgretolando, diventando un fascio di polvere. Non dormivo quasi più la notte e il mio comportamento faceva parecchio preoccupare Chaz, l'unica persone che avevo accanto. Con Ryan le cose non si erano più aggiustate. Da quello che sapevo aveva affittato un appartamento nel centro di Los Angeles ma, per il resto, non avevo più sue notizie. E non intendevo averle. Con Cassandra era solo puro e semplice divertimento. La chiamavo quando avevo bisogno di distrarmi e lei accorreva sempre come un cagnolino. Era davvero utile, soprattutto sotto quell'aspetto. Era una ragazza poco più alta di Amber. Aveva i capelli biondo scuro, gli occhi verdi e delle labbra perfettamente carnose. Il suo corpo mi faceva impazzire, ma non sarebbe mai potuto arrivare alla stessa altezza di quello di Amber. Amber. Socchiusi gli occhi. Perché Amber? Perché proprio di te dovevo innamorarmi? Perché mi hai costretto a vivere una vita così straziante? Era tutto perfetto tra di noi. Fino a quando, quel dannato giorno, non l'ho lasciata. L'errore più grande della mia vita. E quando si fanno errori è difficile tornare indietro. Ho cercato di farlo per lei, perché sapevo e so tuttora che lei è quella giusta, che è la scelta migliore. Ma non sempre ogni sforzo viene apprezzato. E lei non lo aveva mai fatto. La parte della vittima non mi si addiceva per niente, non lo ero. Tutta quella situazione era ed esclusivamente solo colpa mia. Le parole che gli avevo urlato contro quel giorno all'ospedale erano imperdonabili, del tutto imperdonabili. Come avevo potuto dirle tali cattiverie? Come avevo potuto anche solo pensarle? Avevo solo aumentato il suo odio verso di me. La mossa più azzeccata del secolo.

La mattinata passò in fretta quel giorno. La domenica non era di certo uno dei miei giorni preferiti perché equivaleva a stare chiusi in casa per l'intera giornata. Ma, quel pomeriggio, non sarebbe stato così. Mi vestì velocemente, indossando un pantalone nero, una maglietta rossa e converse del medesimo colore. Afferrai il mio giacchetto di pelle nero e lo infilai, sistemandomi la cresta davanti allo specchio. Uscì dalla mia stanza e scesi le scale.
C: Dove vai? - Richiamò la mia attenzione.
Io: Vado a fare un giro, con Cassandra. - Si raddrizzò sul divano al suono di quel nome.
C: Con Cassandra... - Disse dubbioso. Annuì - Vedi di non combinare casini, e non fare tardi. Ti ricordo che domani dobbiamo sbrigare quella faccenda.
Io: è una faccenda che dobbiamo sbrigare la sera. Sta tranquillo. - Uscì di casa, senza dargli il tempo di replicare. Entrai all'interno della mia macchina e inserì la chiave. Il motore della mia Ferrari iniziò a fare le fusa e feci retromarcia, sfrecciando verso casa di Cassandra. Erano appena le 18.00. Dopo aver fatto un giro l'avrei portata a cena e poi... chissà. Sorrisi maliziosamente, passandomi la lingua sulle labbra. Quando accostai, poco dopo, davanti casa sua parcheggiai senza indugio. Afferrai il telefono dalla tasca e le mandai un messaggio scrivendole di scendere. Mi rispose dopo cinque minuti e, dato che sapevo che ci avrebbe messo un eternità, nell'attesa mi accesi una sigaretta. Posai le gambe lungo il cruscotto della macchina, buttando il fumo al di fuori del finestrino. Osservai le macchine sfrecciare lungo la strada, fissandone una ad una. Ma quando afferrai il cellulare per controllare l'ora, mi accorsi che c'era ancora quella foto come sfondo, la nostra foto. Irrigidì la mascella, osservando attentamente il suo viso. Perché non l'avevo ancora eliminata? Perché ancora possedevo quella foto? Sbloccai in fretta il mio iPhone e vagai tra le immagini della mia cartella. Non la eliminai, non ne avevo il coraggio. Dopo tutto, era la nostra prima foto, insieme. Mi accontentai di una spiaggia assolata. Alzai lo sguardo, notando Cassandra usciere da casa sua. Indossava un vestito invernale davvero niente male, aderente sopra e più morbido sotto. Ai piedi dei stivali neri, alti, facevano la sua figura. Aveva l'aria spensierata e per una volta mi sembrò una bambina indifesa. Sorrisi, trovandola estremamente dolce.
C: Perché sorridi? - Disse entrando in macchina.
Io: Mi piace il tuo vestito. - Dissi ammiccando verso di lei.
C: Oh, grazie. - Arrossì appena. Misi in moto, partendo verso il parco della città - Sei molto bello oggi. - Disse osservandomi.
Io: Quand'è che non sono bello io? - Alzò gli occhi al cielo, trattenendo una risata. E quel gesto mi ricordò assurdamente Amber. Sorrisi forzatamente, stampandole un bacio sulla guancia dopo aver parcheggiato. Scendemmo dall'auto, iniziando a camminare sotto ai grandi alberi.
C: Non hai freddo? - Mi osservò. Disapprovai con la testa.
Io: Sono abituato. - Le sorrisi.
C: Posso abbracciarti? - Chiese di punto in bianco. E non potei fare a meno di annuire, regalandogli un altro sorriso. Le sue braccia si strinsero intorno al mio bacino e copiai il gesto avvolgendo le mie intorno alle sue spalle. Era tutto completamente sbagliato. Il fatto che la stessi abbracciando, il fatto che lei mi stesse abbracciando. Che le mie mani accarezzavano il suo braccio e che lei respirava a fondo il mio profumo. Io non dovevo essere lì. Il mio posto non era lì. Ma tra le braccia della mia Amber. Cancellai quel pensiero dalla mia testa, proseguendo a camminare. Ma, infondo, sapevo che era così. Ci sedemmo su una panchina e respirai l'aria frasca. Ero stufo dell'inverno, avevo voglia di un clima mite e più caldo. I rami degli alberi spogli ondulavano lentamente a causa del vento. Cassandra si strinse maggiormente contro il mio petto, rabbrividendo.
Io: Tutto bene? - Le chiesi.
C: Ho freddo. - Sussurrò. La strinsi a me, a malincuore. Cos'altro potevo fare? Era l'unica distrazione che mi aiutava a dimenticare Amber e sapevo che, infondo, sarebbe stato orribile se anche lei mi avrebbe lasciato - Justin?
Io: Mmh? - Mugolai guardando il cielo sopra la mia testa.
C: Tu provi qualcosa per me? - E sbiancai di colpo.
Io: C-Come? - Mi guardò.
C: Ti ho chiesto se tu provi qualcosa per me.
Io: In che senso?
C: Nel senso se sei interessato a me oltre all'attrazione fisica che ci lega. - Odiavo situazioni del genere, odiavo mentire alle persone.
Io: Certo che si, Cassandra. - Dissi afferrando il suo viso tra le mani - Mi piaci molto.
C: Davvero? - Sorrise sorpresa.
Io: Qualcosa ti fa dubitare il contrario?
C: Forse... - Sussurrò a testa basta. Aggrottai la fronte.
Io: Di cosa di tratta?
C: Di lei, Justin. Si tratta di lei. - La mia bocca si strinse in una linea dura mentre il mio sguardo cambiò di colpo - Vedo come la guardi, come ti guarda, come vi guardate. Io l'ho notato. E non posso far altro che continuare a pormi questa domanda.
Io: Quale domanda? - Chiesi distaccato.
C: Tu la ami ancora, Justin? O per te è solo un lontano ricordo, ormai? - Cosa le avrei risposto? Certo che l'amavo ancora, dannazione! Cos'altro avrei dovuto fare se non quello? Ma si, sto cercando di dimenticarla, del tutto.
Io: è meglio dimenticare alcune persone. Meglio dimenticare chi ti fa soffrire.
C: Quindi non l'ami più? - Dio, ma come potevo non farlo? Era tutto ciò che mi restava di buono nella vita. Tutto ciò per cui avrei sempre lottato. Tutto ciò per cui valeva davvero la pena di farlo. Ne ero al cosciente, sarebbe stato difficile dimenticarla ma dovevo farlo, nonostante tutto. Ma l'amavo, e non avrei smesso facilmente di farlo - Justin? - Mi richiamò dai miei pensieri. Osservai a fondo i suoi occhi verdi e capì che non potevo permettermi di perdere anche lei.
Io: Non l'amo più Cassandra, non l'amo più.

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