CAPITOLO 95. È l'unico amico che ho.

1.1K 83 3
                                    

I raggi del sole baciavano la pelle dei nostri volti. Mi stiracchiai lentamente nel letto, sbadigliando. Osservai il soffitto bianco sulla mia testa, respirando lentamente. Amber dormiva ancora poggiata al mio petto ed iniziai ad accarezzargli i capelli senza distaccare gli occhi da quella grande distesa bianca sulla mia testa. Oggi era domenica. L'orologio segnava le dieci in punto e il mio stomaco non voleva smettere di brontolare. Scesi lentamente dal letto, evitando ogni tipo di rumore. Infilai un pantalone di una tuta e una maglietta uscendo, in seguito, sul balcone della mia stanza, con in mano la mia chitarra. Respirai l'aria fresca che accarezzava la pelle del mio volto. Mi sedetti su una sedia ed iniziai a strimpellare qualche accordo. Sorrisi, amavo suonare la chitarra. Suonavano vari strumenti, ma questa era senza dubbio quella che preferivo di più. Sulle note di All That Matters iniziai a cantare. Amavo quella canzone. Ricordo di aver composto il testo quando Amber era partita per New York, andando da sua zia. Così decisi di scrivere una canzone, per lei. Un brivido mi attraversò la schiena. "Tu sei tutto quello che conta per me." Era maledettamente vero. La mia voce era l'unico suono che dominava nell'aria. Il vento soffiava leggero tra gli alberi e i raggi del sole mi riscaldarono cuore e anima. Improvvisamente pensai a cosa sarei potuto tornare ad essere senza di lei nella mia vita. Pensai al suo viso in lacrime se quel fottuto bastardo l'avrebbe portata via da me. Pensai alla mia vita che perdeva un senso. Aprì di colpo gli occhi, fino a quel momento tenuti chiusi. La chitarra cadde al suolo, procurando un tonfo forte e deciso. Guardai le mattonelle bianche sotto ai miei piedi, mentre una gelida ventata mi fece rabbrividire. No, io... io non potevo permettere a nessuno una cosa simile. Non potevo far succedere una cosa simile. Lei aveva bisogno di me e io non potevo non accorrere al suo appello. Avevo paura, davvero paura. Avevo paura di non essere in grado di proteggerla. Avevo paura di non riuscire a prendermi cura di lei. Avevo paura del pericolo. Ed era strano, perché il primo pericolo ero sempre stato io. Due gambe lunghe e affusolate si presentarono davanti ai miei occhi. Sapevo che era lei. E ne ebbi la conferma quando osservai la sua coscia sinistra, solo lei possedeva una piccola cicatrice a forma di cuore. La vidi chinarsi, afferrando il mio viso tra le mani.

A: Justin... - Sussurrò - Che succede? - Quelle dannate pozze azzurre affogavano nelle mie. Era bellissima, anche appena sveglia. I capelli un pò spettinati la rendevano estremamente sexy, lo sguardo ancora assonnato la rendevano adorabile e le labbra... quelle maledette labbra si muovevano a tempo ripetendo il mio nome come un registratore.
Io: Da quanto sei qui? - Domandai tornando alla realtà.
A: Da un pò. Mi dici che succede? - Mi alzai, dandole le spalle.
Io: Non succede nulla, Amber.
A: Non è normale quello che hai fatto. Stavi tranquillamente cantando e poi, di colpo, hai lasciato cadere a terra la chitarra. C'è per forza qualcosa, Justin. - E ora? Cosa le avrei detto? "Hai ragione Amber, c'è sempre qualcosa. Ed ho una paura tremenda di perderti. Ho una paura tremenda di farti soffrire di nuovo. Ho una paura tremenda di quello che potrà accadere di me e di te. E quel bastardo ti prenderà, lo so. Ma sarò davvero in grado di impedirglielo? Sarò davvero all'altezza di proteggerti la vita sempre? Sarò davvero io quello che lo farà?" No, non potevo. Mi allontanai, rientrando all'interno della camera da letto. Poco dopo sentì dei passi dietro di me e, con la coda nell'occhio, la vidi posare la mia chitarra sopra la scrivania. Aprì l'armadio, scrutandone all'interno. Dovevo uscire, prendere una boccata d'aria e fumare una sigaretta. Stavo scoppiando. Infilai un giacchetto nero e un paio di scarpe del medesimo colore. Entrai in bagno e mi bagnai il volto con dell'acqua fredda. Sospirai, afferrando un asciugamano. Poco dopo mi asciugai il viso e raggiunsi la mia stanza. Osservai Amber poggiata contro la parete che mi guardava a braccia conserte. Infilai nella tasca del pantalone il mio iPhone, le chiavi della macchina e un accendino. I miei occhi si incontrarono con i suoi, per troppo tempo. Non dissi niente, non riuscì a dire niente. Abbassai il capo, uscendo dalla mia stanza e percorrendo le scale.
A: Justin! - La sua voce mi fece bloccare. Mi voltai verso di lei, prima che potessi aprire anche la porta di casa. Si avvicinò con passo lento, a testa bassa. La osservai immobile - Hai scordato questo. - Disse porgendomi il portafoglio. Lo afferrai, infilandolo nella tasca posteriore dei pantaloni.
Io: Grazie. - Le sussurrai accarezzandole il capo. Alzò lo sguardo verso di me, accennando un piccolo sorriso. "BACIALA, CRISTO SANTO! BACIALA!" Cazzo se ne avevo bisogno. Ricambiai, un pò incerto, il sorriso e me ne andai, salendo sulla mia Range Rover. Sfrecciavo veloce sulle strade di Los Angeles. Il mio piede premeva sull'acceleratore, mentre le mie mani strinsero forte il volante. Che mi stava succedendo? Che cazzo stavo facendo? Perché non tornavo da lei? Diedi un forte pugno sul volante, aumentando la velocità della macchina. Volevo morire.
PARTE MIA
Sospirai, chiudendo la porta. Mi incamminai verso la cucina, dove notai Corinne fare colazione. Mi bloccai nel bel mezzo della sala, osservandola.
C: Buongiorno. - Disse... sorridendomi?
Io: Buongiorno. - Le risposi versando del latte caldo in una tazza.
C: Justin? - Mi irrigidì di colpo.
Io: è uscito. - Risposi seria.
C: So che non dovrei chiedertelo... - E allora cosa cazzo parli a fare? - Ma come vanno le cose tra te e lui? - Sospirai, fermandomi da ciò che davo facendo e, cioè, mandarla a fanculo con la forza del pensiero.
Io: Come una normale coppia. - Mi voltai verso di lei, incrociando le braccia al petto.
C: Ma voi non siete una normale coppia. - Sorrisi a causa della sua risposta.
Io: E cosa siamo? Extraterrestri? - Risi.
C: Ma vi siete visti? - Disse alzandosi dal suo posto - Voglio dire: tu ti sei vista? - Tornai improvvisamente seria - Pensi davvero di meritare un ragazzo come Justin? - Alzai un sopracciglio, capendo perfettamente dove voleva parare.
Io: Corinne, non intendo continuare a parlare con te se vuoi ancora andare avanti. - Le dissi in tutta sincerità.
C: Amber, sto dicendo solo la verità e lo sai. - Mi bloccai di colpo, prima che potessi uscire dalla cucina.
Io: Che cosa so, eh? Che vuoi Justin? Che lo vuoi di nuovo tutto per te? Che sei una grandissima bugiarda e che sei qui per altri scopi? Questo so, Corinne? Altro che guarda! - La fronteggiai, guardandola seria. Non rispose e così mi diede la conferma che non mi sbagliavo.
C: C'è davvero qualcuno che sta cercando uccidermi e non sto mentendo!
Io: E dovevi andare proprio da Justin per feti parare il culo? - Urlai più di lei.
C: è l'unico amico che ho.
Io: Oh ma davvero? E che mi dici di quelle quattro troiette che ti porti sempre a presso come cani, eh? Che mi dici di loro?
C: Loro non sono in grado di proteggermi!
Io: E chi cazzo ti dice che Justin lo è? - Ero furiosa, del tutto furiosa. Avrei voluto ucciderla a forza di botte, dannazione.
C: Perché lui è in grado di prendersi cura di te. - Disse abbassando il capo. Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi, corrugando la fronte - Io l'ho sempre visto come ti trattava, anche ora. Vedo quanto ti possa amare e ti odio per questo, perché io non sono te. Non sono stata in grado di amarlo come fai tu. - Un velo di tristezza si percepiva nel tono della sua voce - Tu... tu sei maledettamente bella, ecco cosa. - La guardai a bocca aperta. Non mi sarei davvero aspettata una conversazione così con lei - Tu hai tutto quello che un ragazzo vorrebbe in una ragazza. Sei troppo perfetta, in tutto e per tutto. Nei tuoi modi di fare, nel tuo aspetto... in tutto. - Perché stava dicendo queste cose? - So cosa stai pensando ma no, non sono pazza. - Disse sorridendo appena - Sto solo dicendo quello che, forse, avrei dovuto dirti da troppo tempo. Ma l'invidia non è mai una bella cosa così, sto parlando solo ora. - Ok. Frena, frena, frena, frena: Corinne Sullivan invidiosa di me? Questa è bella.
Io: Non c'è motivo di essere invidiose, Corinne. Tu sei una bellissima ragazza. Ogni ragazzo a scuola è pazzo di te, e questo conta molto.
C: No se il ragazzo che voglio non lo è. - Deglutì lentamente - Tu hai lui. Lui ha te. Io non ho nessuno, ma ho sempre voluto solo lui. - Disse con una voce affranta. Odiavo queste situazioni - Non dovrei dirti tutto questo, lo so. Ma ho bisogno di sfogarmi. - E cosa potevo fare io? Mi guardò negli occhi.
Io: Mi dispiace. Io non so cosa fare. Odio queste situazioni quindi... non so. - Che palle, faccio anche schifo con le parole - Io non posso davvero farci nulla, Corinne.
C: Lo so. - Disse facendo spallucce. Si allontanò, camminando verso la porta della cucina. Mi voltai verso di lei, osservandola. Prima che potesse uscire mi rivolse un ultimo sguardo e le parole che pronunciò mi procurarono un brivido - Tu sei la sua distrazione.

.

Our love suicideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora