CAPITOLO 71. L'appuntamento.

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Io: Sei mia, e lo sei di nuovo. - Chiusi di colpo gli occhi, mi ero scavato da solo la fossa dove poter morire. Come avrebbe reagito a quelle parole? Aprì di soppiatto un occhio e la trovai a fissarmi. Non le aveva fatto piacere ciò che avevo detto? Probabilmente no. Non rispose, non mosse un solo muscolo. Mi allontanai di scatto, sentendo dei passi avvicinarsi. Non ruppi il contatto visivo con i suoi occhi, ma indietreggiai verso la panca. Cody spuntò all'improvviso, e si avvicinò ad Amber. I suoi occhi mi esaminavano a fondo e, prima di scomparire dietro la porta principale accompagnata all'idiota, mi sorrise appena. E in quel momento, in quel preciso attimo, il mondo iniziò a girare dall'altro senso, forse quello giusto.

PARTE MIA
Di nuovo, era accaduto di nuovo. Gli avevo permesso di toccarmi. Gli avevo permesso di baciarmi. Gli avevo permesso di amarmi per dieci, lunghi minuti. Ero stata un'incapace, una sciocca e, cosa peggiore, una gatta morta. Tutto quello che gli avevo detto era improvvisamente scomparso e mi ero trovata avvinghiata al suo petto mentre faceva di me ciò che voleva. Credo che se non fosse arrivato Cody ad interromperci mi sarei davvero trovata in imbarazzo davanti a lui. Ma, infondo, lo avevo fatto da quando aveva messo gli occhi su di me.
C: Ehi, tutto bene? - Disse distraendomi dai miei pensieri.
Io: Ehm... si, tutto ok. - Gli sorrisi rassicurante. Ci trovavamo nel grande centro commerciale della città. Camminavamo in cerca di un bar dove poter ordinare qualcosa e, quando lo trovammo, ci sedemmo ad un tavolo.
C: è da molto che conosci Bieber? - Disse sorseggiando un aranciata. Che.palle.
Io: Direi... qualche mese.
C: Siete stati insieme, non è così? - Annuì velocemente - Per quanto tempo?
Io: Poco.
C: Lo ami ancora? - Alzai di colpo lo sguardo verso di lui, perdendomi nei suoi occhi azzurri come i miei.
Io: è un interrogatorio, per caso?
C: Oh no, la mia era semplice curiosità.
Io: Tieni a bada la tua curiosità, allora. E evita di pormi domande insensate. - Abbassò il capo, girando il cucchiaio nel bicchiere. Che cazzo, se l'era anche presa ora? Sospirai - Ascolta Cody, perdonami. È solo che non amo molto parlare della mia vita privata.
C: Scusami tu, non avrei dovuto porti quella domanda.
Io: è tutto ok. - Dissi rassicurandolo con quella frase - Pensi di andare all'università dopo il collage?
C: Credo di si. Ho intenzioni di laurearmi in filosofia.
Io: Oh, interessante.
C: E tu, invece?
Io: Si, penso di andarci.
C: Sai già qualche indirizzo prendere?
Io: Pensavo... qualcosa come storia antica o... biologia.
C: Amo la biologia. - Sorrisi.
Io: è ovvio, sei un secchione!
C: Cosa? No, non è vero. - Risi.
Io: Oh, ma davvero? Scommetto che se ti facessi una domanda qualunque sapresti rispondere senza troppi giri di parole, non è così?
C: Forse ma... questo non c'entra nulla.
Io: C'entra eccome, caro mio. - Rise.
C: Verresti ad un appuntamento con me, domani sera? - Corrugai la fronte, guardandolo.
Io: Mi stai invitando di nuovo?
C: Cosa c'è di male? - Disse sorridendo. E, per un breve attimo, mi tornarono in mente le parole di Justin: "Ci sta prendendo la mano il ragazzo, eh?" Aveva ragione.
Io: S-Si, verrò.
C: Davvero Collins? Non mi convinci molto. - Disse dubbioso posando entrambi i gomiti sul tavolo. Mi guardò fisso negli occhi, con il mento appoggiato sui pugni ben stretti.
Io: Te l'ho detto, ci sarò. - Abbassai il capo. Non potevo davvero perdere anche la sua amicizia per una mia stupida paranoia.
C: Bene. Ti passo a prendere io alle otto, ok? - Annuì.
IL GIORNO DOPO
ORE 19.30
PARTE JUSTIN
Osservai a fondo il biglietto che tenevo tra le mani. "Moonlight." Era la discoteca più prestigiosa e più grande di tutta Los Angeles. Il nuovo carico mi aspettava lì, sta sera stessa. Sarei andato con Chaz, un secondo braccio poteva sempre essere utile in giri come quelli. L'appuntamento era previsto per le nove e sarei dovuto restare lì solo per due ore. Jason sarebbe passato poi a controllare se il lavoro stava proseguendo nella più completa precisione. Avevo un nuovo ordine, che equivaleva ad avere un nuovo cliente, che equivaleva ancora a garantire una nuova paga. Il denaro era tutto in questi giri. Chi vedeva più carichi poteva aggiudicarsi il vicolo migliore dove spacciare. Per il momento, sulla lista, c'era un tizio di nome Mark. Lui dominava gran parte dei vicoli dell'intera città e, le poche volte che lo avevo visto, mi sembrava solo un povero idiota. Sarei riuscito a strappargli il posto di primo candidato, sarei dovuto restare l'unico spacciatore della zona degno di portare quel nome. Per non farmi riconoscere da nessuno, ero costantemente costretto a indossare occhiali da sole e capello con visiera anche di notte. Chiunque veniva a comprare da me sapeva che doveva far rimanere la mia identità protetta, e assicurarsi che i nuovi clienti non ne erano al corrente. Eravamo un bel gruppo. A capo di tutto questo giro, per il momento, c'era Jason. Gli avrei tolto facilmente il posto molto in fretta, solo se un'occasione degna sarebbe arrivata.

Un ora dopo mi preparai, vestendomi esclusivamente di scuro. Infilai una felpa abbastanza caldo, dato il clima ancora freddo. Afferri il mio zaino contenete il carico e, accompagnato da Chaz, ci incamminammo verso il luogo dell'incontro. Gli occhiali da sole e il berretto lasciavano ben poco immaginare. Anche Chaz era costretto a rimanere coperto, non ci avrebbero messo niente a riconoscerlo. Infilai le mani nelle tasche del cappotto e camminammo ancora per vari isolati. Quando entrammo nel vicolo notai un ragazzo appoggiato contro il muro, intento a fumare.
Io: Lucas? - Dissi accertandomi che fosse lui il cliente. Alzò lo sguardo verso di me. Due occhi gonfi e rossi contornati da occhiaie mi scrutavano con attenzione.
-Bieber? - Mi avvicinai, stringendo saldamente la sacca tra le mani.
Io: Hai i soldi? - Chiesi poggiandomi al suo fianco, dando una veloce occhiata al vicolo non poco deserto. Annuì, tirando fuori dalla tasca interna del cappotto duecento dollari.
-Prima voglio vedere la romba. - Mi disse precedendomi quando cercai di afferrare il denaro. Aprì, irritato, lo zaino, mostrandogli i vari grammi di cocaina.
Io: La vedi bene, ora? - Chiesi con un sorriso strafottente. Mi porse i soldi mentre io, a mia volta, gli consegnai le bustine. Se ne andò. Lo vidi nascondere il volto all'interno del cappuccio e camminare a testa bassa. Si bloccò di scatto, e tornò a guardarmi.
-Sai Bieber - Mi chiamò, mentre accesi una sigaretta - Sono felice che tu sia tornato nel giro, la tua roba non la batte nessuno. - Sorrise divertito per poi andare via capendo, forse, di essersi trattenuto fin troppo. Aspirai avidamente il fumo, fissando un punto davanti a me, lasciando spazio ai pensieri: io e Amber non stavamo più insieme, ed era vero. Ma non potevo ancora tenerla all'oscuro di tutto ciò. Avrebbe sicuramente scoperto tutto di testa sua, testarda e cocciuta com'era. Ma qual era il modo migliore per dirglielo? Sempre se un modo c'era. Mi resi conto di star camminando aventi e indietro come un pensatore e di apparire, agli occhi di chi mi stava osservando, un pazzo psicopatico. Spensi il mozzicone della sigaretta sotto la suola delle scarpe, buttando fuori il fumo. Chaz mi osservava attentamente, trattenendo una risata. Lo fulminai con lo sguardo, avvicinandomi.
C: La pollastra è sempre nei tuoi pensieri, eh?
Io: Smettila, Somers. Non sono in vena sta sera.
C: Quando mai sei in vena, Bieber? - Voltai lo sguardo verso di lui.
Io: Cosa vorresti dire?
C: Che da quanto ti sei lasciato con Amber non fai altro che trattare di merda la gente. - Feci spallucce.
Io: Non posso farci niente se mi stanno tutti sul cazzo.
C: Hai seriamente bisogno di una vacanza.
Io: No. - Sorrisi divertito - Sto più che bene.
C: Ne sei sicuro? Magari potresti andarci con Amber, no? - Il sangue nelle vene mi si ghiacciò di colpo, e rimasi immobile a fissare un punto davanti a me.
Io: Smettila, smettila di parlare di lei come se fosse la mia cura.
C: Perché, non è così? - Lo era eccome.
Io: No! Non è così, Chaz. - Dissi rimanendo serio.
C: Non mentire.
Io: E tu non scassare più la minchia. Così siamo pari. - Alzò le mani in segno di arresa, sorridendo. Maledizione. Prima Corinne, poi Cassandra e adesso ci mancava anche lui. Possibile che tutti, dico tutti, dovevano sempre parlare di lei? Possibile che non ci sia un argomento che non finisca su di lei? Possibile che fanno di tutto per farmela ricordare? Sospirai, accendendo un'altra sigaretta.

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