CAPITOLO 111. Non hai idea di come mi senta.

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Chiusi gli occhi, allontanandomi. Raggiunsi la camera da letto, camminando lentamente come se un camion in piena velocità mi fosse appena passato sopra. Mi sedetti pesantemente sul letto, osservando il pavimento sotto di me. Per distrarmi, giocherellavo con il braccialetto che portavo al polso, quel braccialetto con la scritta "Justin".

J: Amb? - Mi chiamò raggiungendomi - Di cosa hai paura, Amb? - "Di ogni cosa, Justin. Di ogni dannata cosa."

Io: Potresti mai capire? - Chiesi osservando i suoi occhi.

J: Aiutami a farlo. - Rispose con voce visibilmente calma. Deglutì, tornando a guardare davanti a me.

Io: No che non puoi capire, chi può farlo? - Sentivo i suoi occhi su di me, esaminarmi con insistenza - Hai una vaga idea di come mi senta? - Chiesi tornando a guardarlo.

J: Io cerco di...

Io: Di cosa? Di provarci? - Dissi interrompendolo - Perchè cavolo lo fai? Non capiresti comunque, credimi. - Mi alzai dal mio posto, incamminandomi verso la finestra. Poggiai la testa e la schiena contro la parete, osservando al di fuori del vetro - La mia vita fa schifo. - Confessai sull'orlo di riniziare a piangere.

J: Non dire così Amber.

Io: La mia vita fa schifo, Justin. Lo sai meglio di me. Non avresti mai voluto un futuro così per me, questo lo so. - Lo vidi, di sottecchi, chinare il capo dandomi la conferma che non mi sbagliavo - Tu non hai idea di come mi sento. Non puoi capirlo, no.

J: Come ti senti? - Con quella domanda voleva non mettermi alla prova ma, semplicemente, farmi sfogare.

Io: Sai cosa significa alzarsi ogni giorno con la paura di poter morire da un momento all'altro? - Dissi osservandolo - Hai idea di cosa voglia dire sentirsi perennemente soli e vivere con questa incessante paura? Di cosa voglia dire chiudersi in una stanza a piangere quando tu non ci sei? Di cosa voglia dire vivere dei nostri ricordi e di future illusioni? Di cosa voglia dire avere timore di affezionarsi ancora di più per paura di amare, di perderci, per paura di non dimenticare? - Amare lacrime solcavano le mie guance pallide - Di cosa voglia dire sorridere a tutti a scuola mentre dentro, invece, ti senti morire per la paura come una vecchia casa che sta cadendo a pezzi? Di cosa voglia dire odiare tutto e tutti, soprattutto te stesso? - Mi guardava immobile, seduto sul letto. Gli occhi colmi di lacrime, lo sguardo perso nel mio, i pugni serrati, le labbra schiuse e il dolore in viso - Sai cosa vuol dire non essere mai davvero felici? Avere sempre la tristezza con se? Piangere, piangere e piangere? Di cosa voglia dire voler fuggire costantemente per paura di morire? - Si alzò di scatto, avvicinandosi - Hai idea di cosa cazzo voglia dire essere me, Justin? - Mi ritrovai stretta tra le sue braccia, senza avere il tempo di replicare. Piansi contro il suo petto, piansi con tutto il bisogno che possedevo nel corpo, piansi fino a far creare altre lacrime - Io lo so che sorrido, ma guardami negli occhi. - Afferrai il suo viso tra le mani - È felicità questa? È voglia di vivere? - Non rispose, non aprì minimamente bocca. Si allontanò, passandosi entrambe le mani tra i capelli. Stava male per me, e si vedeva. Ma non potevo davvero continuare a tenermi ancora tutto dentro. Camminava avanti e indietro come un pensatore e sapevo benissimo a cosa stava pensando - Sta facendo le cose con calma, per evitare ogni minimo sbaglio. Io lo so che riuscirà a prendermi Justin, lui lo farà. - Dissi smettendo di piangere, con voce seria e convinta.

J: Cristo. - Alzò gli occhi al cielo, sospirando. Strinsi le labbra in una linea dura, per paura di singhiozzare.

Io: Succederà prima o poi e dobbiamo essere pronti a questo. - Posò di nuovo il suo sguardo su di me, irrigidendo la mascella.

J: Succederà? Tu vuoi che succeda, Cristo santo? - Abbassai il capo, sospirando.

Io: Come puoi pensarlo?

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