Capitolo 45. C'è in bilico la mia felicità.

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PARTE MIA

La chiamata era terminata lì, con un insignificante "perdonami." Perché si era comportato così? Perché aveva reagito in quel modo? Perché mi aveva fatto versare una quantità di lacrime elevata in una sola chiamata? Perché continuavo a farlo? Era davvero finito tutto tra di noi? Era davvero svanito tutto l'amore che provavamo l'uno per l'altra? Certo che no, e sarei tornata a riprendermelo con tutte le mie forze. Era l'unica cosa che mi faceva sopravvivere. Il nostro amore. La cosa più bella e vera che potesse esistere in questo mondo. La sensazione più delicata e passionale che avessi mai provato fin ora. L'amore che provavo per lui era tutt'altro che finzione o scena, non esisteva niente di più sincero e di più vero. Mi asciugai in fretta le lacrime, da oggi si cambiava. Ero disposta a fare di tutto per far tornare in vita quell'amore tanto forte che ci legava. Quell'amore che continuava a vivere dentro di noi e dentro i nostri cuori. Tirai fuori la valigia da sotto il letto e iniziai a riempirla, lentamente. Non avrei mai permesso a nessuno di rovinare quello che c'era tra di noi, tantomeno a lui. Ogni cosa che mi capitava a tiro finiva all'interno della mia valigia. Dovevo andarmene, dovevo tornare da lui per fargli capire che ci tenevo davvero, per dimostrargli che ero capace di fare qualsiasi cosa per salvare il nostro amore. Posai lo sguardo sull'orologio, le 18.30. Ormai era tardi per andare a comprare un biglietto aereo, orami era tardi per uscire. Avrei sicuramente trovato i negozi chiusi. Afferrai il telefono e navigai velocemente su internet nel sito dell'aeroporto cercando di capire quando ci fosse stato il primo volo per Los Angeles. Ma la data era sempre la stessa su ogni sito: "PRIMO VOLO PER L.A. MARTEDÌ ORE 11.30." Merda, non ci voleva proprio. Oggi era domenica, avrei dovuto aspettare altri due gironi. Dannazione. Speravo solo che alla fine non fosse troppo tardi per chiarire ogni cosa.

ORE 21.30

Ne mia zia, ne mio cugino erano consapevoli della mia partenza anticipata. Glielo avrei detto l'indomani, forse. Ero sdraiata sul letto, senza distogliere lo sguardo dal soffitto. Ero davvero riuscita a rovinare ogni cosa? Ero davvero capace di far piangere una persona in quel modo? I suoi singhiozzi risuonavano nella mia testa come un eco e mi sentì improvvisante un mostro. Farlo soffrire era davvero l'ultima cosa che volevo ma lo avevo fatto, anche se stentavo ancora a crederci. Non me lo sarei mai perdonato, e sicuramente nemmeno lui lo avrebbe fatto. Il pensiero mi fece salire una paura tremenda e le lacrime iniziarono a ripresentarsi sul mio viso per la seconda volta in quella giornata. Mi sentivo uno schifo, una tale nullità per aver fatto soffrire entrambi, mi sentivo la causa del nostro dolore... e lo ero davvero. Sentire il suo pianto strozzato mentre pronunciava a fatica quelle parole mi fece singhiozzare rumorosamente. Cercai, a stento, di trattenere un urlo di dolore e affondai la faccia nel cuscino. Continue lacrime rigavano il mio viso, riducendo la stoffa del cuscino in una grande pozza. Strinsi i pugni su di esso, maledicendomi mentalmente. Niente sarebbe più tornato come prima, ne ero al corrente. Ed era maledettamente brutto rimanere su un dannato letto mentre i sensi di colpa mi divoravano lentamente.

IL GIORNO DOPO

Mi svegliai presto, di mal umore. Era davvero una pessima giornata per me. Non avrei dovuto sopportare quella palla al piede di Betty nemmeno oggi, la sua influenza era destinata a non passare e, per una volta, la fortuna girava dalla mia parte. Scesi le scale, dirigendomi in cucina. Seduti, trovai mia zia e Christian.

Io: Buongiorno zia Cate. - Dissi ancora assonnata.

-Buongiorno tesoro.

C: Giornata pessima oggi eh, Amber? - Riusciva sempre a riconoscere quando c'era qualcosa che non andava in me, sempre.

Io: Buongiorno anche a te, rompi palle.

C: Ti voglio bene anch'io. - Sorrisi forzatamente. Addentai un cornetto, sotto i loro sguardo divertiti.

Our love suicideWhere stories live. Discover now