CAPITOLO 109. Jay e Amb.

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Nel pomeriggio ci avviammo verso la casa in campagna di Justin. Il tempo era leggermente migliorato rispetto alla mattinata ormai trascorsa. Non avevo più ricevuto chiamate dal numero sconosciuto che mi aveva tormentata oggi, ed era una consolazione. Osservai il cielo al di fuori del grande vetro della camera da letto, respirando lentamente. Io e Justin ci eravamo rivisti solo all'uscita dopo quella breve conversazione che avevamo avuto nel cortile della scuola. A mensa non ci eravamo per nulla parlati o rivolti anche solo uno sguardo o meglio, io non lo avevo fatto. Corinne era sempre pronta ad attaccarsi come una sanguisuga a lui e, dato che per Justin ero considerata come la "gelosa di turno", avevo smesso di intromettermi in ogni tipo di rapporto che aveva con la bionda. La verità era che non mi interessava nemmeno più di tanto. Avevamo deciso entrambi di prenderci un momento di riflessione da dedicare esclusivamente a noi stessi, anche se le carezze e le belle parole non mancavano mai... da parte di entrambi. Infondo, avevo sempre bisogno di lui, nonostante tutto.

Lo vidi da lontano raggiungere il grande albero che dominava in quell'immenso giardino. Lo osservò per non so quanto tempo, con le mani nelle tasche di jeans. Fin quando non decisi di raggiungerlo.

Io: Ehi. - Lo richiamai avvicinandomi, poco sicura che fosse il momento adatto.

J: Ehi. - Rispose osservandomi al suo fianco.

Io: Tutto ok? - Annuì. Mi strinsi nelle spalle, sfregando le mani contro il mio caldo maglione bianco - Vuoi che vada a prenderti un giacchetto? - Disapprovò con la testa - Non ti fa molto bene restare solo con una maglietta, Justin.

J: Sto bene, Amber. - Annuì rassegnata. Sospirai, abbassando il capo. "Non parlare più. Non preoccuparti nemmeno più. Lo vedi che tanto non serve a nulla alla fine?" Chiusi gli occhi, deglutendo. Notai la sua mano muoversi all'interno della tasca dei pantaloni, alla ricerca di non so cosa. Ne estrasse un accendino e un pacco di sigarette e, prendendone una, prese a fumare. Non so come faceva, non so se poteva essere possibile ma rendeva tutto estremamente sexy. Fissavo quelle labbra rosee e perfette racchiudere la punta della sigaretta, aspirando una buona quantità di fumo, per poi far fuoriuscire una densa e compatta nuvoletta grigia. Si inumidì la bocca con la lingua, senza accorgersi del mio sguardo fisso su ogni parte del suo viso. Dire che era bello era davvero una cosa da escludere. Bello era una parola che non si poteva utilizzare se riferita a lui. "Bello" era una parola estranea dal mio vocabolario. Bello era una parola che non esisteva. Perché lui non era bello, lui era...

J: Perfetto. - Pronunciò quella parola come se mi stesse leggendo nella mente. Sbiancai di colpo, deglutendo con fatica.

Io: C-Cosa?

J: So a cosa stai pensando. - Disse portando di nuovo la sigaretta alla bocca.

Io: A-A si? - Annuì.

J: Stai pensando che sono perfetto, non è così piccola? - Adoravo quel nomignolo. Adoravo quando mi chiamava così. Adoravo la sua voce bassa e maledettamente sexy. E adoravo i suoi occhi che avevano iniziato ad affogare nei miei.

Io: Non ho mai detto una cosa simile. - Dissi incrociando le braccia e sedendomi sulla panchina davanti a noi.

J: Infatti lo hai pensato. - Sorrise divertito, osservandomi.

Io: Non ne hai la prova.

J: Non serve, so che lo pensi. - Mi sfidò con lo sguardo per non so quanto tempo, sorridendo maliziosamente.

Io: Come fai a saperlo? - Fece spallucce, avvicinandosi.

J: Forse... - Si chinò verso di me - Perché penso la stessa cosa di te? - Avvampai per l'imbarazzo, distogliendo gli occhi dai suoi. Notai l'ombra di un sorriso comparire sul suo volto. Si sedette al mio fianco, senza distaccare gli occhi dalla mia figura - Certo che non scherzo quando dico che sei bellissima. - Lo guardai con le labbra socchiuse, incapace di parlare.

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