CAPITOLO 74. Non è stato un errore.

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Justin, era davvero lui. Con una forte spinta aveva scaraventato a terra lo stronzo che mi stava toccando. Osservai, impaurita, tutta la scena: il ragazzo di prima era sdraiato a terra e i suoi amici non facevano niente per difenderlo. Justin si trovava in piedi, davanti a lui. Il respiro pesante, gli occhi colmi di rabbia e odio, i pugni serrati e le labbra strette in una linea dura. Tutto mi fece ricordare il suo passato, malgrado non sapessi con esattezza ogni cosa.
-Bieber. Anche tu qui. - Gli sorrise il ragazzo in modo strafottente - Vuoi unirti anche tu?
J: Vaffanculo, Jackson. - Quindi lo conosceva e questo spiegava molte cose.
-Ehi, che ti prende? Dov'è finito il vecchio Justin?
J: Non esiste più. - Lo guardò spaesato, quasi incredulo.
-Cosa? Mi stai prendendo in giro, amico?
J: Io non sono tuo amico. - Il ragazzo si alzò da terra, e lo fronteggiò perfettamente.
-Un tempo lo eri.
J: Già, un tempo. - Cazzo, erano amici? Ma com'era possibile? - Cosa stavi facendo con lei? - Disse indicandomi.
-Bhè... - Sorrise - Ci stavamo un po' divertendo, non è così dolcezza? - Mi lanciò un sorrise poco gradevole. Lo guardai disgustata, mentre lo sguardo di Justin arrivò ad osservarmi.
J: è così, Amber? Vi stavate divertendo? - Disapprovai con la testa, guardandolo negli occhi. Aveva sicuramente notato le poche lacrime che rigavano ancora le mie guance - Mi dispiace Jackson, risposta sbagliata. - Quello che accadde un attimo dopo fu così veloce da non darmi nemmeno il tempo di riflettere. Vidi Justin sferrare vari pugni sul viso del tizio, che cadde immobile al solo. Si chinò verso di lui, afferrando saldamente il colletto del suo giubbino nero. Lo guardò negli occhi, trafiggendolo lentamente - Tu non puoi pretendere di toccare la roba di Justin Bieber e non pagarne le conseguenze, stronzo. - E un altro pugno colpì il volto del ragazzo. Guardai tutta la scena immobile, attaccata contro la parete per sorreggermi. Stavo visibilmente tremando ma non vedendo Jackson ridotto quasi ad uno straccio, ma pensando a cosa sarebbe potuto accadere dopo - Non provare mai più a toccarla, mai più razza di verme! - Ringhiò. Nessuno aveva il coraggio di fermarlo, nessuno aveva il coraggio di muovere un solo muscolo. Vedere Justin in quella situazione mi mise i brividi. Non sembrava lui: gli occhi dilatati per la rabbia, le mani che lentamente si ricoprivano di sangue e i denti stretti, tutto mi fece intuire che non sarebbe di certo finita bene. Stava picchiando un ubriaco, una persona che l'indomani si sarebbe risvegliato pieno di ferite senza ricordare come se le fosse procurate. Si alzò in piedi, e lo guardò dall'alto - Di ciao ai tuoi amichetti, figlio di puttana. - Non capì, subito, il significato di quelle parole ma quando lo vidi estrarre una pistola dalla tasca posteriore dei pantaloni, sgranai gli occhi. Caricò il grilletto e si preparò a sparare. Non so se Dio stava ascoltando le mie preghiere mentali, non so come ma, inspiegabilmente, arrivò Chaz.
C: Cosa cazzo stai facendo? - Disse piazzandosi davanti all'obbiettivo - Vuoi davvero uccidere una persona per uno stupido errore? - Mi accasciai a terra, mentre le lacrime si ripresentarono sul mio volto.
J: Non è stato un errore! - Urlò - Stava facendo del male alla mia Amber! - "Mia" era così bello sentirglielo dire. Sorrisi ingenuamente.
C: Cosa cazzo pensi di fare, Justin? Uccidere davanti a lei? Lo vuoi davvero? Non pensi che abbia già sofferto abbastanza? - Le parole di Chaz mi arrivarono dritte alle orecchie e mi sedetti al suolo, rannicchiando le gambe contro il petto.
PARTE JUSTIN
C: Guarda com'è ridotta, Cristo santo! Ma non vedi quanto è spaventata da tutta questa situazione? - Mi voltai verso Amber, e mi sentì una merda notando la sua espressione ferita e terrorizzata. Deglutì, mentre lentamente gli occhi iniziarono a pizzicarmi. Le gambe avvinghiate al petto, lo sguardo fisso per terra e le lacrime che le colavano lungo il viso: era maledettamente spaventata da tutto ciò, e da me - Metti giù l'arma Justin, fallo per lei. - E lo feci. Buttai la pistola al suolo e corsi verso di lei. Mi inginocchia davanti al suo esile corpo e le accarezzai il capo. Varie lacrime iniziarono a solcarmi le giace al pensiero di cosa avrei potuto fare se Chaz non fosse arrivato in tempo ma, la cosa che mi angosciava di più, era il fatto che avrei potuto uccidere un uomo davanti ai suoi occhi. E lei era davvero l'ultima persona che meritava di vedere qualcuno morire.
J: Amber... Amber... - La chiamai più volte, ma tutto ciò che fece fu piangere senza sosta - Amore mio... guardami, ti prego. - Al suono di quel nome alzò lo sguardo verso di me, e il dolore mi divorò. Le guance solcate da lacrime amare, gli occhi gonfi, il cuore spezzato in tanti, troppi pezzi e la paura evidente che la circondava. Una profonda angoscia mi invase. Istintivamente, la strinsi contro il mio petto e le accarezzai la schiena - Amber... - E piansi, piansi davanti ai suoi stessi occhi. L'afferrai tra le braccia e mi incamminai verso l'uscita del vicolo. La prima cosa che notai fu Cody parlare al telefono. Era sconvolto, forse spaventato all'idea che fosse successo qualcosa ad Amber. Ma quando mi vide e notò la ragazza tra le mie braccia, la sua espressione si rilassò di colpo. Mi avvicinai a lui, con passo lento.
C: Cosa l'è successo?
Io: Nulla. Sta bene ora, ed è questo quello che conta.
C: Amber, Amber mi sentì? - Disse chiamandola.
Io: Non può farlo, sta dormendo. - Alzò lo sguardo verso di me, e mi guardò.
C: Perché le tue mani sono sporche di sangue? E cosa ci faceva lei con te? - Lo guardai a mia volta, con un espressione indecifrabile sul volto.
Io: Ho avuto ho piccolo incidente, ma non è niente di grave. Riguardo ad Amber, non avevo idea che fossi qui. Me la sono ritrovata davanti, ma l'ho riportata subito indietro.
C: Dopo tutto questo tempo? - Mi stava facendo seriamente innervosire.
Io: Fai troppe domande Smith, davvero troppe. E non dovresti farle. - Iniziai a camminare verso casa mia, sarei arrivato prima dato che la casa di Amber era dall'altra parte dell'isolato.
C: Voglio solo sapere la verità, Bieber.
Io: Ti ho già detto come stanno le cose.
C: Forse non mi hai detto tutto. - Mi bloccai di scatto, e mi voltai verso di lui - Che c'è? Nascondi qualcosa?
Io: Ti do un consiglio, Smith. Cambia tono, così eviterai di innervosirmi. - Irrigidì la mascella, e ripresi a camminare.
C: Dove la stai portando? - Disse seguendomi.
Io: Al sicuro. Torna a casa ragazzo, domani potrai parlare con lei. Ora ha solo bisogno di riposare.
C: Chi mi assicura che non le farai del male? - Disse piazzandosi davanti a me e bloccandomi il passaggio.
Io: Non potrei mai fare del male alla ragazza che amo. - Lo guardai serio. Abbassò il capo, annuendo - E ora fammi passare, non ho tempo da perdere.

Quando varcai la porta di casa mia barcollai verso le scale. Malgrado fosse una ragazza leggera il suo peso stava cominciando a farsi sentire. Varcai la soglia della mia stanza e la posai, lentamente, sul letto. Mi soffermai ad osservala, e non potei fare altro che ammirare la sua bellezza. Perché, infondo, lo era davvero: bella.
PARTE MIA
Aprì lentamente gli occhi e mi ritrovai sdraiata su un morbido letto.
Io: Justin... - Gemetti d'impulso. Non ebbi con esattezza la capacità di intuire in che luogo mi trovavo ma il letto decisamente accogliente mi fece sentire come a casa. Cosa ricordavo? Tutto, per filo e per segno. E sebbene stentavo a farlo, mi risultava alquanto difficile. Quella scena, quella maledetta scena mi ronzava nella mente. Avrebbe davvero ucciso quel ragazzo se non fosse arrivato Chaz? Suppongo di si, e il solo pensiero mi diede ai brividi. Mi rannicchia su me stessa ma quando mi soffermai ad osservare un punto della stanza mi accorsi che quella era LA stanza. Un forte mal di testa mi impediva di alzarmi, così mi limitai ad osservare. Non vidi Justin da nessuna parte, ma quando sentì la porta del bagno aprirsi sobbalzai leggermente. Lo vidi uscire, con indosso solo un paio di boxer, segno che era appena uscito dalla doccia. Deglutì rumorosamente quando si diresse verso l'armadio alla ricerca di non so cosa. Era assurdamente, terribilmente, inspiegabilmente, esageratamente, mostruosamente, maledettamente bello. E sebbene non vidi con chiarezza il tutto, data la luce fioca della bajour, il suo corpo e i capelli arruffati lasciavano immaginare parecchio. Avvampai a quel pensiero. Perché mi aveva portata a casa sua? Perché non mi aveva svegliata? E perché stava indossando una maglietta bianca? Quando si voltò, si accorse che lo stavo fissando. Oh merda, mi ero fatta beccare per davvero? Non riuscì minimamente a staccare gli occhi dai suoi. Si avvicinò con passo lento, per poi sedersi al mio fianco.
J: Ciao. - Disse osservandomi dall'alto.
Io: Ciao. - Risposi pacata.
J: Come va? - Feci spallucce. Si passò una mano tra i capelli e il respiro venne a mancarmi. Ok, avevo bisogno di una tisana calda, ora, per calmare i nervi - Hai dormito un po', sai? - Non risposi, ma continuai ad osservare quella splendida creatura che si presentava ai miei occhi: lo sguardo dolce e rilassato, la bocca inumidita dalla lingua e un sorriso poco casto che mi veniva rivolto. Dov'è la mia tisana? Mi pare di essere stata chiara! Distolsi lo sguardo dal suo, e lo abbassai sul mio corpo. Ero ancora vestita. "PREFERIVI ESSERE NUDA, COLLIS?" Avvampai violentemente e se ne accorse - A cosa stai pensando tanto da arrossire il quel modo? - Disse sorridendo divertito. Oddio. Feci di nuovo spallucce - Ti hanno mangiato la lingua, per caso? - Domandò ironico. Disapprovai con la testa - Ti ho preso questa. - Disse mostrando una maglietta - Almeno, dormirai più comoda. - Avrei dormito a casa sua, di nuovo. Nel suo letto, di nuovo. Vestita, qualcosa si diverso c'era infondo - Credo... credo che dovresti cambiarti. - Disse imbarazzato - Puoi farlo in bagno, se vuoi.
Io: Non voglio. - Risposi velocemente. I suoi occhi tornarono ad osservarmi a fondo.
J: Non vuoi? - Annuì - Vuoi che lo faccia io? - Sussurrò. La voce roca e maledettamente sexy, gli occhi lucidi al pensiero e le mani che sudavano. Annuì ancora, sfacciatamente. Aspettavo che me lo avrebbe chiesto.

Our love suicideWhere stories live. Discover now