CAPITOLO 17. Quel sorriso è la mia rovina.

6.2K 178 6
                                    

DUE GIORNI DOPO.
Il tempo passa, i giorni passano e, con essi, anche il mio cattivo umore. Sono stata invitata da Bieber ha passare il pomeriggio a casa sua. Ho accettato, ha bisogno di aiuto per studiare la commedia di Romeo e Giulietta. La mia storia d'amore preferita. Sospiro avvicinandomi all'enorme porta di casa sua. Suono il campanello e attendo. Mi guardo intorno, questa casa diventa sempre più bella, possibile?
-Chi è?- Dice dall'altra parte del citofono.
Io: Amber. - La porta si apre ma ad aprirmi non è lui ma un uomo sulla sessantina d'anni, presumo sia il suo maggiordomo.
-Ben venuta, Miss Collins. Il mio nome è Alfred. - Dice facendomi accomodare - Il signorino l'aspetta al piano superiore. - Lo ringrazio e mi incammino verso la grande scalinata raggiungendo, in seguito, la camera di Justin. Busso alla porta, anche se è socchiusa.
J: Avanti! - Lo sento pronunciare. Entro dentro e lo trovo disteso sul letto a giocare con il suo iPhone. Il suo sguardo si posa su di me. Mi regala uno splendido sorriso, alzandosi dal letto e solo ora noto che non indossa nessuna maglietta. Bene, cominciamo davvero bene. Abbasso lo sguardo imbarazzata mentre le sue braccia mi circondano. Deglutisco. Ricambio un po' incerta, attenta a dove mettere le mani. Oh cavolo! - Non sapevo arrivassi a quest'ora.
Io: Bieber sono le cinque, mi hai detto tu di venire a quest'ora.
J: Davvero? - Dice alzando un sopracciglio. Si ributta sul letto.
Io: Posso andarmene se vuoi. - Dico indicando la porta.
J: Sto scherzando Amber. - Trattiene una risata. Sospiro.
Io: Vogliamo cominciare o...
J: Si, certo. - Dice interrompendomi. Si alza, cercando nello zaino il suo libro.
Io: Non sapevo avessi un maggiordomo.
J: Non sai tante cose di me, Amber.
Io: So anche questo, Justin. - Mi guarda, sorridendo. Mi fa cenno con la mano di seguirlo e ci ritroviamo fuori al suo enorme balcone. La vista che si presenta ai miei occhi è senza dubbio incantevole. Il vento soffia leggero, muovendo i miei capelli. Lo vedo sedersi su una sedia, sotto ad un grande ombrellone di metallo. Mi avvicino a lui, posando la borsa sul maestoso tavolo di legno. Do una veloce occhiata al libro, immaginandomi Justin ripetere la parte di Romeo. Trattengo a stento una risata.
J: Cosa ti fa così ridere, Miss Collins? - Dice guardandomi.
Io: Oh, niente di importante. Cominciamo? - Annuisce - Chi studierà la parte di Giulietta?
J: Non ne ho idea. - Dice facendo spallucce.
Io: Quando hai l'interrogazione?
J: Tra qualche giorno. - Annuisco - Devo assolutamente recuperare, non ho intenzione di perdere l'anno.
UN ORA DOPO
J: "Se con indegna mano profano questa tua santa reliquia queste mie labbra, piene di rossore, al pari di contriti pellegrini, son pronte a render morbido quel tocco con un tenero bacio."
Io: "Pellegrino, alla tua mano tu fai troppo torto, ché nel gesto gentile essa ha mostrato la buona devozione che si deve. Anche i santi hanno mani, e i pellegrini le possono toccare, e palma a palma è il modo di baciar dei pii palmieri." - Dico leggendo.
J: "Santi e palmieri non han dunque labbra?" - Si avvicina.
Io: "Sì, pellegrino, ma quelle son labbra ch'essi debbono usar per la preghiera." - Mi avvicino a mia volta continuando a leggere sul libro.
J: "E allora, cara santa, che le labbra facciano anch'esse quel che fan le mani: esse sono in preghiera innanzi a te, ascoltale, se non vuoi che la fede volga in disperazione."
Io: "I santi, pur se accolgono i voti di chi prega, non si muovono."
J: "E allora - è sempre più vicino - non ti muovere fin ch'io raccolga dalle labbra tue l'accoglimento della mia preghiera." - Mi guarda negli occhi - Ora c'è la scena del bacio, Amber. - Abbasso lo sguardo sul libro e leggo che, effettivamente, è così. Avvampo per l'imbarazzo.
Io: Si... andiamo avanti però. Non è una recita, devi solo studiare quello che dice Romeo. - Deglutisco. Annuisce sospirando.
J: "Ecco, dalle tue labbra ora le mie purgate son così del lor peccato."

Io: "Ma allora sulle mie resta il peccato di cui si son purgate quelle tue!"

J: "O colpa dolcemente rinfacciata! Il mio peccato succhiato da te! E rendimelo, allora, il mio peccato." - Si avvicina, pronto per ripetere la scena del bacio. Ma mi allontano.

Io: "Sai baciare nel più perfetto stile."
J: Coma fai a saperlo? - Dice guardandomi.
Io: è scritto qui. - Dico indicando la pagina del libro, ovvia.
J: Non mi sto riferendo a quello. - Mi guarda, stringendo la mascella e capisco cosa intende dire. Abbasso lo sguardo, arrossendo ancora.
Io: Bhè... io si. - Deglutisco. I suoi occhi mi fissano impassibili, mentre le mie guance tornano allo stesso, monotono colore. Devo smetterla di arrossire per qualunque cosa dica - Ti dispiace se scendiamo? Sto cominciando ad avere un leggero languorino. - Annuisce. Scendiamo le scale, dirigendoci nella sua enorme cucina.
J: Cosa vuoi mangiare?
Io: Saresti così gentile da prepararmi un panino? - Annuisce ancora. Lo guardo all'opera, mentre taglia il pane. È distaccato, forse per quello che ho detto. Ma cosa potevo fare? Non potevo di certo, insomma... baciarlo! Abbasso il capo. Lo vedo avvicinarsi e consegnarmi il panino. Lo ringrazio, iniziando a mangiare - Tu non hai fame? - Disapprova con la testa - Non mi parlerai per il resto della giornata? - Dico guardandolo. Fa spallucce. Sospiro. Si siede accanto a me, su uno sgabello della cucina.
J: Alfred! - Dice chiamando il suo maggiordomo che, poco dopo, spunta in cucina - Alfred, grazie ma per oggi può bastare. Puoi tornare a casa.
Alfred: Come desidera. Miss Collins. - Dice salutandomi con un cenno del capo. Ricambio sorridendo.
Io: Pensavo che risiedeva qui, con te.
J: No, qui ci abito solo io con i miei amici. Lui viene solo quando ho bisogno di una mano o quando ho ospiti. - Oh grazie a Dio, ha parlato!
Io: Ho capito. Da quanto tempo lavora per te?
J: Un paio d'anni. - Annuisco. Sento il suo sguardo fisso su di me. E il solo pensiero mi fa rabbrividire.
Io: Non mi piace essere guardata mentre mangio.
J: Non ti piace essere guardata mai, Amber. - Nascondo un sorriso, ha sempre ragione. Sobbalzo letteralmente sentendo il rumore di un tuono.
Io: Hai sentito?
J: Cosa?
Io: Credo stia diluviando. - Un altro tuono, e tremo.
J: Paura Collins? - Chiede. Mi volto verso di lui e vedo un sorrisetto beffardo dipinto sul suo viso. Un altro tuono. Questa volta, senza rendermene conto, afferro la sua mano situata sul bancone. La stingo forte mentre il mio sguardo si posa fuori dalla finestra. Cavolo, sta letteralmente diluviando. La pioggia batte forte sui vetri. Deglutisco. Stringo più forte la sua mano.
Io: Bieber, se non fosse per il fatto che ci sei solo tu a farmi compagnia ti avrei già mandato a fanculo.
J: Puoi farlo tranquillamente, sai? - Non si muove, non reagisce. Mi lascia tranquilla a torturargli la mano. Se lo avrebbe fatto lui a me credo che sarei diventata paonazza ma non riesco ad arrossire, i tuoni mi impediscono di pensare ad ogni cosa. Lo sento muoversi, e avvicina la sua sedia alla mia. Lo guardo negli occhi mentre mi sorride. Ok, quel sorriso è la mia rovina.

Our love suicideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora