CAPITOLO 28. Io lo odio.

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UN ORA DOPO 
Poso i miei libri all'interno dell'armadietto e mi dirigo verso il bagno femminile. I corridoi sono deserti, nemmeno l'ombra di uno studente. Mi stringo nelle spalle, continuando a camminare. La mia fobia sta aumentando, non la smetto un attimo di pensare all'incontro con Patrick. Ho paura di ritrovarmelo davanti così, senza preavviso. Deglutisco solo al pensiero. Forse dovrei parlarne con qualcuno. Forse l'unica persona che mi possa aiutare in tutto questo è proprio Justin. Ah, ma che dico? Non voglio coinvolgere nessuno in questa storia, tantomeno lui. Non l'ho ancora visto dopo ieri pomeriggio e, sinceramente, non ho molta voglia di farlo. Dopo quello che è successo ieri... Ho solo bisogno di stare sola. Entro in bagno e mi avvicino al lavandino. Poso le mani su di esso, guardando la mia immagine attraverso lo specchio. Le labbra rosse, a causa di un leggero rossetto, gli occhi poco truccati da una matita nera che ne mette in risalto il colore e le piccolo lentiggini sulle guance fanno del mio viso un volto pallido, stanco, bisognoso di rilassarsi. Sospiro rumorosamente. Così tante cose affiorano la mia mente, così tante cose mi circondano. Ma perché la mia vita deve essere così complicata? Perché non posso vivere come una normale ragazza della mai età? Una risata mi distrae dai miei pensieri. Mi guardo intorno, furtiva, ma non noto nessuno. Di nuovo quella risata mi fa sobbalzare. E, solo in quel momento mi rendo conto che proviene da uno dei bagno difronte a me. 
-Smettila, ti prego. - Dice una voce femminile sospirando. Decido di dileguarmi in fretta da quel luogo ma, prima che possa farlo, la porta si apre e rimango paralizzata alla vista di... Corinne e Justin. Smettono di ridere appena si accorgono della mia presenza. Corinne afferra saldamente la mano di Justin mentre i miei occhi si spostano dalla sua figura... all'altra. Deglutisco pesantemente quando degli occhi color nocciola fissano i miei. Irrigidisce la mascella, guardandomi senza alcun emozione. Abbasso il capo, sentendo gli occhi pizzicarmi a causa della sua reazione. Porca puttana, non davanti a loro, ti prego... Non davanti a loro. Mi dileguo in fretta dal bagno sotto i loro sguardi indecifrabili. Raggiungo, di corsa, la mia classe, chiudendo la porta alle mie spalle. Mi appoggio ad essa, stringendo le labbra in una linea dura evitando di versare lacrime, inutilmente. Mi ritrovo a piangere, li, in un aula deserta... Da sola. Accompagnata solo dai miei singhiozzi incessanti dominare l'aria. Maledizione, ci risiamo. Cammino verso il mio banco e mi siedo su di esso. Torturo tra le mani un braccialetto regalato da Taylor, come segno della nostra amicizia. Mi scappa un sorriso solo al pensiero. Niente, niente di tutto quello che ci è capitato a Parigi ha significato qualcosa, nemmeno la più banale carezza. Tutte la parole dette, tutti quegli sguardi rubati, i baci dati... Niente ha significato per lui ma, infondo, che potevo aspettarmi? Assolutamente niente e non so nemmeno perché mi ritrovo a piangere quando tutto quello che ha fatto in tutto questo tempo è stato mentirmi ma, forse, è proprio questa la causa delle mie lacrime. Avrei voluto tutto, tutto tranne essere presa in giro così da lui, soprattutto da lui. Lo stavo accettando, stavo accettando il fatto che forse tra di noi stava nascendo qualcosa di nuovo per entrambi ma... Come al solito, mi sbagliavo. Ho fatto bene ha non fidarmi di lui, sapevo che si sarebbe comportato così prima o poi. E quel poi è sempre destinato ad arrivare ma non credevo che sarebbe arrivato così, piombandomi addosso ogni cosa. Volto lo sguardo verso la grande finestra, mentre un ultima lacrima scende lungo il mio viso. Asciugo in fretta il mio viso, deglutendo rumorosamente. 
T: Amber! - Volto lo sguardo verso una Taylor preoccupata - Ma dove ti eri cacciata? Saranno dieci minuti che ti cerco. - Dice raggiungendomi.
Io: Scusami, ero in bagno. - Mi giarda spaesata, confusa. 
T: Perchè hai pianto Amber? - Sapevo che me lo avrebbe chiesto. 
Io: Oh, non è niente. Davvero. - Dico accennando un sorriso forzato.
T: Non mentirmi, sai che puoi dirmi tutto. - Sospiro abbassando il capo. Disapprovo con la testa mentre altre lacrime si preparano a scendere - C'entra Justin, vero?
Io: C'entra sempre lui Taylor, sempre! - Dico all'improvviso. 
T: Sono qui per ascoltarti, puoi dirmi ogni cosa. - Dice sedendosi al mio fianco.

Io: Mi ero promessa di non piangere più per lui. Che cosa banale. - Dico mordendomi il labbro inferiore - Perché continua a farmi questo? Perché non la smette una buona volta di comportarsi così?
T: è la sua natura Amber, non puoi farci niente. 
Io: Già, la sua natura... - Dico guardando terra.
T: Ma perché proprio lui? Perché dovevi affezionarti ad uno come lui?
Io: Credimi, è quello che mi ripeto ogni giorno. - Dico guardandola. Sospiro rumorosamente mentre asciugo il fretta alcune lacrime. 
T: Amber... - Dice alzandosi e piazzandosi davanti a me - Cosa è che vuoi veramente? - Quella domanda, quella domanda mi rimbomba come un eco nella mia testa.
Io: Essere felice. 
T: E cos'è che ti fa stare felice? - Deglutisco. La risposta è facile ma dirlo è difficile. - Lui, è lui... Vero? - Dice guardandomi. Abbasso il capo mentre le lacrime si ripresentano sul mio viso. 
Io: Non ha mai fatto niente di buono per me, perché dovrebbe essere lui la causa della mai felicità? - Urlo tali parole con un velo di odio nella mia voce, l'unico suono in questa stanza. Mi guarda negli occhi, con un espressione dispiaciuta e quell'espressione non fa altro che ricordarmi di lui. Chiudo gli occhi, abbassando il capo. - Io lo odio.
T: No che non lo odio Amber.
Io: Io lo odio! - Dico urlando - Lo odio perché non fa altro che farmi soffrire! Ma io non voglio tutto questo, non voglio affezionarmi a lui!
T: Ma non capisci che è troppo tardi ormai? Non capisci che lo hai già fatto? - La guardo dritta negli occhi mentre le sue parole mi attraversano come una lama pungente. Rimango immobile a guardarla, senza muovere un muscolo. 
Io: Lui è sbagliato, lui è sbagliato! - Dico urlando - Non voglio innamorarmi di uno come lui! 
T: Sei tu a pensarlo, ma sai che infondo non è affatto così! Lui ti fa stare bene Amber, lo so!
Io: Tu non sai niente Taylor, niente! Non puoi sapere come mi sento quando sono con lui.
T: Anch'io sono innamorata del mio ragazzo Amber, e so cosa si prova! - Corrugo la fronte.
Io: Chi ha parlato di essere innamorata? Chi ti ha detto che io sono innamorata di lui? - Dico guardandola in modo freddo. - Se dobbiamo affrontare ogni volta un discorso e piazzare lui come argomento allora... È meglio che non parliamo più. Mi sono stancata, di tutto. 
ORE 22.38
Sono sdraiata sul letto, con lo sguardo fisso al soffitto. Tra qualche giorno partirò per New York, non ho assolutamente voglia di rimanere ancora qui. Mi alzo dal letto e mi avvicino alla grande finestra della mia stanza. Le nuvole coprono il cielo, rendendolo cupo. Guardo la grade luna sopra di me. Infondo mi mancherà tutto questo, mia madre, Paul, i miei amici... Mi mancheranno. Indosso un giacchetto ed esco dalla mia stanza, dirigendomi al piano di sotto. Noto mia madre parlare la telefono. Le faccio cenno con la mano che mi sto dirigendo di fuori e poco dopo annuisce con un cenno del capo. Apro la porta e mi incammino verso la grande veranda di casa mia. Mi siedo su una sedia, guardando il cielo sopra di me. Ritiro le gambe al petto, stringendomi nelle spalle. Troppe cosa accadono ogni giorno, troppe delusioni, troppo dolore, troppo odio mi circonda. Sono davvero stufa di tutto questo. Una volta partita per New York l'unica cosa che farò sarà rilassarmi e divertirmi insieme a mio cugino Christian. Lui è fantastico, davvero la persona migliore di questo mondo. Christian ha due anni più di me ma ne dimostra dieci in meno per la sua pazzia. Fin da bambini siamo stati sempre molto legati. Mi proteggeva e mi difendeva da tutto, anche per la minima stronzata. Ma niente era una stronzata per lui. Sua madre e mio padre erano fratelli e quando mio padre se ne andò mia zia non se la senti di tornarsene a casa così rimase qui con noi insieme a Christian che ha quel tempo aveva nove anni. C'è sempre stato per me quando avevo bisogno e il pensiero che lo vedrò dopo quasi un due mi rende felicissima. Il bene che ci volgiamo non è paragonabile a niente. È come il fratello che non ho mai avuto. Un leggero venticello mi distare dai miei pensieri. Poco dopo scorgo la figura di mia madre raggiungermi da lontano. Mi sorride, porgendomi una tazza fumante.
M: Bevi, ti farà bene.
Io: Cos'è? - Dico guardando lo strano liquido all'interno della tazza.
M: Una tisana. - Annuisco, soffiando all'interno della tazza. - Come vanno le cose a scuola?
Io: Oh, molto bene. Grazie. - Dico sorridendo dolcemente.
M: Mi fa piacere. 
Io: E a te? Come vanno le cose con Paul? - Fa spallucce.
M: Come sempre. - Dice ricambiando il sorriso. - Sei sicura di partite per New York, tesoro?
Io: Si mamma, ne abbiamo già parlato. Ho bisogno di staccare la spina e non c'è niente di meglio che partire un pò. 
M: Qual'è la causa della tua partenza, Amber? - La guardo negli occhi mentre sento un groppo salienti su per la gola. Quando vorrei dirgli tutto, ogni cosa ma so che non capirebbe fino in fondo.
Io: Non c'è una causa ben precisa mamma. Voglio solo andare per un pò via, tutto qui. - Annuisce, tornando a sorseggiare la sua tisana. 
M: Qualche giorno fa ho visto quel ragazzo... Com'è che si chiamava? - Dice pensandoci - Ah si, Justin, vero? - Deglutisco al suono di quel nome. 
Io: J-Justin? - Annuisce.
M: Era mano nella mano con una ragazza. - Dice disinvolta. Mi si gela il sangue a quelle parole.
Io: Ah si?
M: Si, non mi ricordo molto bene la fisionomia della ragazza. Non sapevo fosse fidanzato.
Io: Già, nemmeno io. - Dico abbassando il capo.

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