capitolo 2. Ti renderà la vita un inferno.

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CAPITOLO 2. Ti renderà la vita un inferno. 

ORE 2.30

Justin Bieber, quel Justin Bieber questa sera ha cercato di sedurmi. Chi l'avrebbe mai detto? Sono ancora un pò scossa dalla rivelazione di Taylor, non mi sarei mai aspettata di incontrarlo. Ricordo ancora le parole della mia migliore amica: " Amber, è pericoloso e no, non sto esagerando. Ha fatto cose che nemmeno immagini. Stagli lontano, per favore." Le sue parole, la sua, incessante, supplica... Di cosa parlava Taylor? Che cosa ha potuto fare di, così, tanto grave? Mi siedo sul letto e afferro il computer iniziando a scrivere. Ma ogni cosa mi impedisce di concentrarmi, soprattutto lui. Ripenso al suo sguardo fisso sul mio corpo, sui miei occhi, sulle mie labbra... Sospiro. Questa situazione non mi piace affatto.

ORE 8.05

Percorro, in compagnia di Taylor, i tantissimi corridoi che ci dividono dall'aula di informatica. 

Io: Taylor, devo prendere una cosa nell'armadietto, tu vai pure, intanto. - Annuisce allontanandosi, successivamente. Mi avvicino al mio armadietto ma, come è suo solito fare, non ne vuole sapere di aprirsi - Maledizione! Apriti, avanti! - Provo a digitare di nuovo la combinazione, senza ottenere risultati. Ad un tratto qualcuno, dietro di me, da un forte pugno e guardo, sbalordita, il mio armadietto aprirsi - Non so come ringra... - Mi volto e mi ritrovo davanti due occhi color nocciola, quegli occhi color nocciola - Tu? Che cosa ci fai qui?

J: Anch'io sono molto felice di rivederti. - Dice sorridendo divertito. Lo guardo corrugando la fronte. 

Io: Cosa ci fai qui?

J: Qui? Sai, me lo chiedo anch'io ma, proprio come te, anch'io frequento la scuola. - Si appoggia con la schiena contro l'armadietto accanto al mio. Mi guarda - Non mi ringrazi nemmeno? 

Io: No, potevo farcela, benissimo, da sola. 

J: Oh, l'ho notato, sai? - Stringo forte i denti, è davvero irritante. 

Io: Scusami, ma ora devo andare. - Faccio per andarmene ma mi sento afferrare per un braccio. Mi volta verso di lui, spingendomi contro il suo petto. Sorride, divertito, a pochi centimetri di distanza dal mio viso. Deglutisco. 

J: Non mi hai, ancora, detto il tuo nome, dolcezza. - Dice giocando con una ciocca dei miei capelli. Mi stacco, bruscamente, allontanandomi. 

Io: Mi stai facendo solo perdere tempo e io ho lezione a quest'ora. Non ho intenzione di sprecare la mia giornata a parlare, qui, con te. - Mi allontano, dirigendomi verso l'aula di informatica. 

ORE 13.30

Esco da scuola insieme a Taylor e, dopo averla salutata, mi incammino verso casa mia. Alzo gli occhi guardando le numerose nuvole padroneggiare, di un manto scuro, simile alla notte, il cielo limpido e cristallino di poco fa. Un bel temporale in arrivo, come se non bastasse. Sospiro e, infilandomi il cappuccio, continuo a camminare. Non è, davvero, un bel periodo per me. Ogni cosa sta andando per il verso sbagliato. Ieri sera, quando sono tornata a casa, ho avuto una discussione con mia madre. Perchè? Ha conosciuto un altro uomo. Bella merda, no? Si è dimenticata, già, di mio padre. Oh, quanto mi manca. Quanto vorrei che fosse qui, con me. Senza nemmeno accorgermene una lacrima cade a terra immischiandosi con la pioggia che, ormai, cade, leggera su ogni cosa. Una macchina si accosta accanto a me. Continuo a camminare. A causa dei vetri oscurati non riesco a vedere al suo interno. Il finestrino si abbassa. 

-Serve un passaggio? - Riconosco la voce. 

Io: No. - Continua a seguirmi. 

J: Oh avanti, non fare la difficile. Sali! - Mi ordina. Sbuffo e, non avendo altre alternative, salgo sulla sua macchina, sulla sua Range Rover - Attenta a non bagnarmi i sedili. - Mi volto verso di lui, infastidita.

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